Il “telefono rosso” non funziona più, serve la saggezza

  • Pubblicato in Esteri

Washington-Mosca, ripristinare il telefono rosso

Occorre recuperare i principi che muovevano l’Ostpolitik e poi la Guerra fredda”, vissuta comunque con una convivenza sotto controllo, con un famoso “telefono rosso” che collegava Washington con Mosca, la Casa Bianca con il Cremlino, si basavano sulla realtà, la concretezza, la necessità di uno sviluppo il più possibile equilibrato e l’attività di una diplomazia sempre in movimento, sempre sollecitata dai rispettivi governi. Era la base di un riformismo e di un revisionismo che tutelavano società differenti e magari le mutavano lentamente e razionalmente. Gianluigi Da Rold su il Sussidiario.

Leggi tutto...

No, non siamo in guerra

  • Pubblicato in Esteri

Quei paragoni assurdi tra oggi e il 1940. Scrive lo Spectator (4/4). Stai zitto, non vedi che c’è una guerra?”. Inizia così l’articolo di Matthew Parris sullo Spectator. “Questo atteggiamento si è diffuso nelle ultime settimane, e gli indizi sono diventati sempre più nitidi. Ma questo atteggiamento è sbagliato. La risposta giusta a chiunque ci chiede se siamo consapevoli di essere in guerra è che non siamo in guerra. Chiunque abbia dei dubbi sulla strategia del governo non dovrebbe avere paura di fare delle domande. Le spie di Hitler non le stanno ascoltando, Lord Haw Haw (un famoso collaborazionista nazista, ndr) non le trasmetterà via radio. Inoltre, una cittadinanza adulta non dovrebbe confondere delle domande intelligenti con un’insubordinazione antipatriottica. Non c’è dubbio che alcune domande saranno inappropriate, alcune avranno delle risposte semplici e altre no. Quindi la cortesia è un obbligo e dobbiamo partire dal presupposto che tutti stanno dando il proprio meglio. I paragoni con la Seconda guerra mondiale sono assurdi. La nostra nazione non affronta una minaccia esistenziale. Non c’è alcun dittatore fascista che vuole conquistare il mondo. Nessuno sta cercando di sterminare un’intera razza. E’ importante ricordare che i ventilatori di cui tutti parlano sono un’innovazione piuttosto recente. Gli sviluppi tecnologici della nostra epoca consentono a milioni di anziani di sopravvivere pur in condizioni di salute molto, molto fragili. Questo inevitabilmente comporta una maggiore suscettibilità”. Parris critica l’atteggiamento dei giornalisti inglesi durante la crisi del Covid-19. Pochi presentatori hanno le competenze scientifiche necessarie per fare delle domande intelligenti agli esperti medici che partecipano alle trasmissioni televisive. Molti esperti sostengono delle tesi bizzarre che però non vengono approfondite dai giornalisti, che invece dovrebbero incalzare i loro ospiti. E’ chiaro che non esiste una verità scientifica univoca sul coronavirus. Alcuni medici sostengono delle tesi contraddittorie, su cui sarebbe importante fare luce. “All’inizio della crisi le stime sul numero dei decessi variavano dai 5 mila ai 500 mila. Assumendo che il numero di vittime sarà più vicino alla prima cifra, gli esperti sosterranno (forse giustamente) che questo è stato merito dei loro consigli sull’autoisolamento. Ma gli scienziati conoscono le opere di Sir Karl Popper, secondo cui nessuna ipotesi scientifica è degna di questo nome se non corre il rischio di essere smentita. Quante vittime, o quali prove dai paesi che hanno deciso di non danneggiare le loro economie, potrebbero smentire la tesi che è stato il lockdown a salvarci”, conclude il suo articolo Matthew Parris. “La mia è una semplice domanda. Un giorno una scienza della medicina degna di questo nome dovrebbe essere in grado di fornire una risposta”.

Matthew Parris  - The Spectator - Il Foglio – 20 aprile 2020

Leggi tutto...

I tre problemi dell’uomo forte

I leader autoritari sono più deboli di quello che sembrano. Scrive il Sunday Times (16/2): E’universalmente riconosciuto che gli uomini forti governano il mondo”, scrive Niall Ferguson sul Sunday Times: “Sono finiti i giorni in cui l’Economist lodava Angela Merkel come ‘l’europea indispensabile’ e il Financial Times la incoronava come ‘leader del mondo libero’”. Ferguson descrive le tendenze autoritarie di molti leader contemporanei, tra cui Donald Trump, Xi Jinping, Jair Bolsonaro e Mohammad bin Salman. “In cima alle piramide autoritaria siede Vladimir Putin, che (mi è stato detto) ha un tenore di vita più sfarzoso di un imperatore romano. Ha una ricchezza inimmaginabile anche per Creso (alcuni dicono sia l’uomo più ricco del pianeta), dispone di un potere sconfinato in Russia ed è tra i più abili conoscitori di quel grande gioco che chiamiamo geopolitica. Putin è il capo dei capi… Tuttavia, essere un leader forte comporta tre problemi. Innanzitutto, più sei forte, più diventerai paranoico dato che i tuoi rivali sperano di rimpiazzarti attraverso un’oscuro complotto. Secondo, più diventi paranoico meno saranno affidabili le tue informazioni. Chi osa raccontare la verità al proprio capo? Terzo, a un certo punto rischierai di essere ucciso, dato che i tuoi nemici si sentiranno al sicuro solo quando sarai morto. Come spiega lo storico olandese Frank Dikotter nel suo nuovo libro, How to Be a Dictator, è difficile che un leader autoritario si ritiri a curare il proprio giardino. Benito Mussolini lo ha scoperto nel modo peggiore. E’ stato ucciso assieme alla sua amante Claretta Petacci, e i corpi a testa in giù sono stati appesi a una trave a Milano. Due giorni dopo, Hitler si è suicidato mentre l’Armata rossa si avvicinava al suo bunker a Berlino. Per evitare di finire anche lui appeso a una trave, il dittatore tedesco ha ordinato che il suo corpo e quello dell’amante Eva Braun fossero cremati. (Essere la fidanzata di un dittatore è anche molto pericoloso)”.

Ferguson elenca le cause di morte degli imperatori romani, dei monarchi britannici e dei sultani ottomani, molti dei quali sono stati assassinati. “Guardando agli uomini forti di oggi, possiamo concludere che quelli eletti democraticamente – come Boris Johnson e Donald Trump – sono più vulnerabili dei leader autoritari. Dopo tutto, devono essere sottoposti al giudizio degli elettori ogni quattro o cinque anni. Se fossi Boris, mi chiederei se l’aver promosso Rishi Sunak a cancelliere dello Scacchiere non ne abbia fatto inavvertitamente l’erede designato. La storia suggerisce che gran parte degli uomini forti autoritari dovrebbero morire entro la fine del decennio – e non sarà il coronavirus a ucciderli. A meno che l’epidemia di Wuhan non si riveli la Chernobyl di Xi Jinping, il che non è escluso. Dopo Maduro, che presto non avrà più una popolazione da saccheggiare, e il principe Bin Salman, i cui piani per riformare l’Arabia saudita sono destinati a fallire, Xi appare il leader più fragile. L’Economist tempo fa non lo aveva definito come ‘l’uomo più potente al mondo?’”.

Niail Ferguson - Il Foglio – 2 marzo 2020

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .