Milano, polo di attrazione per i consumi culturali

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Dai concerti passando per il teatro e la danza fino agli acquisti in libreria, il comune di Milano si conferma come grande polo di attrazione per i consumi culturali. Qui si concentra il 25,2% della spesa nazionale per assistere a spettacoli di teatro lirici, il 15% per spettacoli di balletto, il 10,6% per spettacoli di teatro di prosa, il 10% per l’acquisto di libri nei canali trade (librerie fisiche e online e supermarket), il 5,3% per biglietti del cinema.

Sono solo alcuni dei dati contenuti nell’Osservatorio per BookCity Milano su “Lettura e consumi culturali a Milano”, a cura dell’Associazione Italiana Editori che, alla sua terza edizione, si arricchisce – grazie alla collaborazione con SIAE – dei dati di effettiva fruizione, in termini di spesa, di tutti i consumi culturali nel territorio.  Non solo lettura, ma anche arte, teatro, cinema, musica, danza nel comune di Milano.

“Questo progetto – ha commentato il presidente di AIE Innocenzo Cipolletta – conferma il nostro impegno per BookCity Milano, manifestazione a cui collaboriamo e in cui abbiamo sempre creduto. Ancor più quest’anno vuole fornire alla città uno strumento utile, grazie a una fotografia reale di ciò che si muove in città, per la pianificazione di efficaci politiche a sostegno del settore culturale, il cui peso sull’economia cittadina è di assoluto rilievo”.

L’Osservatorio sarà presentato in un evento di anteprima di BookCity – frutto della collaborazione tra AIE, Comune di Milano-assessorato Cultura, BookCity Milano – in programma giovedì 9 novembre alle 10 a Palazzo Reale.

Insieme all’assessore alla Cultura del Comune di Milano Tommaso Sacchi, ai presidenti di AIE Innocenzo Cipolletta, Fondazione BookCity Milano Piergaetano Marchetti e BookCity Milano Luca Formenton, interverranno esponenti del mondo del libro, delle mostre, della danza, del teatro e della musica. Ci saranno Alessandra Carra, amministratrice delegata del Gruppo Feltrinelli, Domenico Piraina, direttore Cultura del Comune di Milano, Lella Costa, direttrice artistica Teatro Carcano, Susanna Beltrami, coreografa e direttrice DanceHaus e Niccolò Vecchia, direttore artistico di Estate al Castello.

Patrizia Lazzarin, 7 novembre 2023

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Dal Salone del Libro, tanti sguardi sul nostro presente

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Un brulicare di persone, migliaia di volumi esposti, sfogliati, comprati, e tanti di questi presentati al pubblico dagli autori insieme a personalità della cultura, nelle varie Sale e in numerosi altri punti di incontro sparsi: ecco, come si presentavano i Padiglioni di Lingotto Fiere domenica 12 maggio.

Qui si vuole dare solo un flash esemplificativo de Il gioco del mondo, tema della XXXII edizione del Salone Internazionale del Libro di Torino, dedicato ad una delle lingue più parlate al mondo: lo spagnolo.

Dalla scienza alla letteratura, dalla filosofia alla politica, dalla narrativa all’economia (ma anche, fumetti e video, libri  gialli e sport) sono venuti spunti per riflettere sulla realtà odierna.

                La molteplicità e il conflitto sono al centro della riflessione di Massimo Cacciari e Valeria Ottonelli, nella presentazione del libro di Piero Ignazi, Partito e democrazia. I partiti, che rappresentano una “parte” della società, sono oggi ancora necessari, se pure in crisi, in una visione democratica e conseguentemente pluralistica; i partiti sono cosa diversa dalle fazioni, una parte che mira ad organizzare la società a immagine dei propri valori, parlando a nome del popolo (in una visione pericolosamente olistica). La democrazia deve promuovere attraverso i partiti sviluppo, benessere ed equa distribuzione della ricchezza prodotta, contro i rischi sovranisti e populisti; e in un’arena pluralistica e democratica i partiti devono competere fra loro per formare le classi dirigenti in grado di affrontare le scelte necessarie (e non a caso i populismi fanno la lotta alle élites dirigenti!).

                Ma perché i sovranismi sono al governo in Paesi come l’Italia (almeno la Lombardia, dove, non a caso, si è affermata la Lega), l’Austria, l’Ungheria e la Polonia, chiede Maurizio Molinari, direttore de La Stampa, a Bernard Guetta (autore de I sovranisti)? Tutti questi Stati hanno fatto parte dell’impero austro-ungarico, della cui grandeur e cultura hanno un rimpianto, oltre al dolore per l’amputazione dei loro territori (che vorrebbero in qualche maniera ripristinare). Vi è stato un risentimento storico nei confronti dell’Occidente, sia con il secondo conflitto mondiale, se pure per motivi diversi, sia con la caduta del Muro di Berlino: pur avendo avuto libertà e democrazia, l’abbraccio dell’Occidente (Nato, UE) è stato per loro fonte di grande delusione, avendo sognato un modello europeo simile a quello fra le due guerre e ritrovandone uno diverso, più aperto (es. la maggioranza vive le immigrazioni come “invasione maomettana” e come un fatto negativo i diritti per i gay).               

Eppure, a dispetto delle fallaci argomentazioni di nazionalisti e populisti, bisogna credere nell’Europa, nonostante tutto, secondo gli autori di questo libro (Antonio Calabrò, Piergaetano Marchetti e Alberto Martinelli). Bisogna farlo per più ragioni. Se l’errore è stato quello di pensare che l’unione monetaria avrebbe portato alla costituzione di una identità unitaria tra i popoli, invece di accusare le istituzioni centrali europee (mentre il problema è il nostro insostenibile debito pubblico), oggi si dovrebbe puntare ad un sistema sociale, sanitario e formativo comune (perché non pensare ad un servizio civile europeo?), con i vantaggi offerti dai viaggi, da un mercato del lavoro condiviso (con politiche attive, anche per affrontare insieme i processi digitali e di robotizzazione), da nuovi accordi economici, che renderebbero forte un Paese piccolo come l’Italia nei confronti dei grandi competitori internazionali. Inoltre, per fermare tante paure sarebbero necessarie politiche europee su: migrazioni (stabilire diritti e doveri dei migranti, sistemi di accoglienza e integrazione), attenzioni alle fasi più deboli della vita, lotta alla povertà, costituzione di un esercito per la sicurezza dei confini, ovviamente aumentando il bilancio comune grazie a nuove entrate (carbon tax o tassazione ai colossi del web).

                Uno sguardo ottimista e più sorridente sull’Italia, e sulla società in generale, sembra venire da Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly,  e dalla sua Breve storia dei sentimenti umani.  Intervistato da Antonio Gnoli, l’autore fa sfoggio di modestia confessando di aver voluto descrivere, in maniera semplice e comprensibile a tutti, undici epoche della storia dell’uomo, centrando la sua attenzione sui “sentimenti” che hanno accompagnato scoperte e rivoluzioni (dal fuoco al vapore fino ad internet). Ai nostri giorni sembra prevalere, per Farinetti,  un clima di sfiducia, quando invece sarebbe necessario un sentimento di fiducia, perché solo se prevale questo vi può essere miglioramento. Si pensi all’Italia del dopoguerra, quando l’Italia divenne il quarto fra i Paesi industrializzati: prevalevano coraggio, fiducia, ottimismo.  Oggi, la società  è “vecchia”; e non è questione solo di età, ma di un atteggiamento tipico di chi è vecchio, che dice sempre “io”, senza attenzione agli altri. Se guardiamo bene i numeri, il giudizio sull’Italia non può che essere positivo: siamo i più ricchi d’Europa. Nonostante il debito pubblico più alto rispetto al Pil (sui 2.400 miliardi), infatti, il debito privato e quello delle imprese è molto basso. Inoltre, il risparmio privato supera i 4 miliardi e il patrimonio immobiliare è molto elevato; se a tutto questo aggiungiamo il valore del patrimonio artistico - ben il 70% di quello mondiale – non possiamo che essere fiduciosi.          

           Uno sguardo alquanto preoccupato, invece, traspare dalle parole di Antonio Padellaro, già direttore de il Fatto Quotidiano, autore de Il gesto di Almirante e Berlinguer, con presentazione di Ettore Boffano. Negli anni del terrorismo, Giorgio Almirante, che fu acerrimo nemico del segretario del partito comunista italiano, Enrico Berlinguer, sentì il dovere di rendere visita alla salma del suo avversario: assorto, a capo chino, davanti alla bara. Perplessa, stizzita, la gente che premeva oltre le transenne sotto il sole cocente di mezzogiorno se lo chiedeva senza darsi una risposta. Fatto inedito e sorprendente: per la prima volta, il segretario del Movimento sociale (preceduto da una telefonata di "sondaggio") aveva osato varcare il portone di Botteghe Oscure ed era stato ricevuto da Nilde Jotti e Giancarlo Pajetta! Proprio così: un ex comandante partigiano, "Nullo", faccia a faccia per un quarto d' ora con l' uomo che fu accusato (ma ne seguirono smentite, querele e processi) d' essere stato una pedina della Repubblica sociale. Ed ora eccolo Almirante, che ritto, nel suo impeccabile abito grigio, al centro della camera ardente, si fa il segno della croce e leggermente si inchina di fronte alla cassa di legno chiaro. Della serie in politica, nella prima repubblica,  ci si scontrava anche in maniera molto aspra, ma, sotto il profilo umano, ci si rispettava. Oggi non sarebbe ipotizzabile che tra avversari politici, quelli attuali, come Matteo Salvini e Luigi Di Maio (che tra l’altro sono colleghi nell’esecutivo), i leader dei Cinquestelle e della Lega e quelli dell’opposizione come Zingaretti e Renzi, possano ripetersi gesti simili di rispetto profondo e di alta umanità. I tempi sono assai diversi e più complessi.

Il Salone del Libro ha chiuso i battenti con numeri record. I visitatori di questa edizione sono stati quasi 150 mila, con un aumento rispetto all’edizione del 2018 quando le presenze si erano fermate a 144 mila. Dopo il boom del sabato quando si era registrato un più 10 percento di ingressi, la domenica e il lunedì i numeri sono stati in linea con il 2018 e quindi l'aumento definitivo di visitatori è di circa 4 mila persone

Clara Manca, 13 maggio 2019

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