E' sempre un'Europa a trazione tedesca

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Aveva proprio ragione Henry Kissinger, l'ex segretario di Stato americano: l'Europa non esiste. Purtroppo questa tremenda verità è ancora tale. Dopo le ultime elezioni, gli anonimi Barroso, Van Rompuy e Asthon sono stati sostituiti da altri personaggi altrettanto anonimi come Juncker, Task e Mogherini ma la sostanza non cambierà faccia. Con i focolai di guerra che sono esplosi in mezzo mondo, a confrontarsi saranno il presidente degli Usa, lo zar Putin. La ragione di scelte deboli, che non si discostano molto da quelle fatte per guidare le istituzioni Ue nel quinquennio che sta per terminare, è purtroppo sempre la stessa: ormai i governi, che siano dell'Unione o dell'Eurozona non cambia, preferiscono concordare tra loro le politiche europee, usando Commissione e Consiglio per avallarle legalmente. Solo l'Europarlamento finora ha provato a resistere, anche se non sempre con successo. Dunque, salvo clamorose smentite, il rischio anche questa volta è che cambino gli uomini al timone delle istituzioni Ue ma che il corso della politica europea resti sempre lo stesso: deludente, inadeguato, quando non fallimentare. Così Adriana Cerretelli su Il Sole 24 Ore.

L'Ue ha deciso di non cambiare le regole del gioco

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Lo stellone dell'Italia renziana chiede aiuto a Mario

Jens Weidmann, successore di Weber alla Buba, nel 2012 si oppose alla svolta con cui Draghi promise sostegno illimitato ai Paesi che avessero accettato un programma di riforme. Quella promessa non costò un euro, salvò l'Italia e la moneta unica e dimostrò che la Buba si sbagliava e andava messa in minoranza. Se questa storia ha ancora un senso, è perché continua: la banca centrale tedesca si oppone a ciò che serve per scongiurare la deflazione. Come hanno già fatto la Federal Reserve americana, la Banca del Giappone e quella d'Inghilterra, per fare il suo dovere oggi la Bce ha bisogno di creare almeno mille miliardi di euro e comprare a tappeto titoli pubblici e privati dei Paesi dell'area euro. È il cosiddetto "quantitative easing", inaugurato dalla Fed nel 2009. Avrebbe già dovuto farlo, risparmiando un po' dei problemi di debito, crollo degli investimenti e stallo dell'export che oggi affliggono l'Italia e altri Paesi. Non è successo perché Draghi non ha voluto muovere un passo del genere contro la Bundesbank. Così Federico Fubini su la Repubblica.

Eurozona nelle mani di Draghi

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Renzi: "Buba pensi alle sue banche in difficoltà"

Il governatore della Bundesbank Weidmann è sceso in campo, a gamba tesa, interferendo pesantemente sui problemi economico-politici del nostro paese. Ma perché Weidmann si comporta così? Forse rimpiange una Bundesbank regina delle banche centrali europee e non, come ora, solo uno dei componenti del sistema europeo delle banche centrali guidato dalla Bce. Forse è semplicemente d’accordo con il partito anti-euro tedesco, che non è nato per iniziativa di populisti incolti, ma di autorevoli intellettuali come l’economista Hans-Werner Sinn, che è uno dei suoi leader. Persone convinte che la Germania starebbe meglio da sola (o meglio, con solo i suoi satelliti) anche mettendo in conto l’inevitabile rivalutazione che il ritorno al marco comportarebbe. Una linea che l’astuta Merkel non condivide, e si è visto in chi ha più fiducia la maggioranza dei tedeschi. Così Carlo Clericetti su la Repubblica.

Il duello rusticano tra Renzi e Merkel

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