Giovanni Iudice. Dentro la sua Sicilia

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Il mare non è sempre uguale. Dentro le sue profondità e sulle sue superfici  i disegni tracciati dalla schiuma  e dalle onde sono i pennelli che rivelano emozioni, gettano sulla battigia pezzi di vissuto e racconti. La sua distesa ci ricorda l’Infinito di Leopardi e mentre la guardiamo rimaniamo assorti, colti da pensieri, liberi di viaggiare oltre le cose tangibili e vicine. A volte il mare è solitudine, altre è una distesa che diventa moltitudine di  gente che si incontra quando il suo tempo lo permette. Sulle spiagge deserte, dove la sabbia si forma come sostanza dura, costituita da migliaia di granelli, può spiccare un solo ombrellone che nelle tonalità sembra far concorrenza all’acqua. Quel mare appare come una distesa posta davanti a noi per essere osservata, ma la grande nave in lontananza che solca le sue profondità testimonia una differente vitalità della sua natura che si arricchisce oltre la sua flora e fauna, del desiderio, senza tempo dell’essere umano di attraversarlo per scoprire nuovi luoghi dove vivere o trascorrere del tempo. Il mare narrato e dipinto è quello di Sicilia, come nell’opera appena descritta: Il mare di Gela dell’artista Giovanni Iudice. Il pittore cavalca quel mare come un nocchiere per riportarci le sue storie, il suo sguardo, la sua terra. La sua mano coglie, assieme all’occhio pezzi di contemporaneità oppure brani quasi strappati ad una vicenda appartenuta  all’ieri. Si mette in ascolto e ci fa udire suoni che non avremmo ascoltato o sfumature di colore che non avremmo visto.

La terra siciliana, nella sua tradizione millenaria, qui mostra la sua  bellezza, ma anche quella forza e resistenza che  tanti romanzi di scrittori dell’isola hanno saputo restituirci nel suo sapore che quasi odorava. Sulle distese sabbiose incontriamo corpi di uomini e di donne, di  giovani e bambini dove il pennello non indugia a descrivere fattezze inutili, ma ne restituisce la  naturalezza. Donne e uomini sono impegnati in attività normalissime: giocano a carte, nuotano, si riposano, prendono il sole.  Accanto a questa umanità ne incontriamo un’altra, quella fatta di uomini mossi dalla speranza di una vita migliore. Sono i migranti. I loro volti tradiscono le attese, la loro quantità ne spiega l’urgenza. La Fondazione Teatro Garibaldi ospita dalla prima settimana di dicembre, nell’ex  convento   del   Carmine   di   Modica,   la   mostra antologica   di   Giovanni   Iudice,   l’artista   gelese   che   si   è   imposto all’attenzione   della   critica   nazionale.  Una   rassegna di oltre sessanta opere, provenienti da prestigiose collezioni, rappresentativa  dell’intera esperienza   pittorica di Iudice, dai primi disegni degli anni novanta fino ai lavori contemporanei e che  conferma la vitalità e la creatività dell’artista nel momento centrale della sua maturità. Un  evento   importante,   reso   possibile   grazie   alla   partnership  con Domenico Sanfilippo Editore e  al sostegno di illuminati sponsor. Si potrebbero scrivere pagine sul mare di Giovanni Iudice. L’olio Vertigo nel 2019 riempie di scaglie luminose la tela. Sono bianche, grigie, argentee, azzurre e verdi e formano un mosaico di tessere che diventano  più brillanti verso il fondo, mentre dall’altro capo della tela si intuisce la presenza di un uomo su un masso, disteso a contemplare la bellezza davanti a lui. Differenti sono invece  i paesaggi marini dove la brughiera, con la sua scarsa vegetazione, diventa la protagonista assoluta di un sentire che restituisce  una solitudine incantata, in parte vicina a quella di tanti nudi di donne che appaiono al nostro sguardo, spogliate di ogni indumento che ne nasconda l’essenza. Sono figure femminili che ci osservano spesso con determinazione da dentro  giardini o orti abbandonati,  sedute su poltrone come Nel nudo e divano rosso o Nel nudo ed divano blu, altre volte di fronte su sedie.  

Vivono la nudità più elementare dei nostri corpi e la loro carne sembra  dello stesso colore e materia delle  spiagge di granelli di sabbia. Costruiscono il reale grigi, azzurri, blu e bianchi dentro le nuvole e sull’acqua, sulle pareti delle abitazioni, sugli animali come i gatti e  sui fiori che scendono delle inferriate dei giardini.  Verdi e azzurri sui frutti di melograno,  gialli e rossi sui costumi e  gli ombrelloni e  marroni  sui mobili di un tempo restituiscono la percezione del mondo dell’artista. E infine e non solo,  le sfumature di pelli chiare ed abbronzate completano la tavolozza del pittore. Scene di contemporaneità che racchiudono i volti dell’umano: Ragazzi sulla spiaggia, Costanza e il cane, La vecchia cieca, Nonna Emanuela … Esse riempiono i disegni che colgono momenti cruciali del vivere quotidiano, strappati al reale nella loro immediatezza sfidandone la veridicità. L’esposizione, che ha la curatela di Paolo Nifosi e Tonino Cannata, chiuderà il 5 febbraio 2023.

Patrizia Lazzarin, 26 dicembre 2022

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