Questo governo in due anni non ha combinato niente

Renzi è in carica dal febbraio 2014, quando l’indice della produzione industriale era a 91,6. Ventotto mesi dopo l’indice è a 91,8: un aumento dello 0,2%, e questo mentre l’Unione Europea, nostro principale cliente, è ripartita, passando dall’1,4% al 2% di crescita fra 2014 e 2015. Certo, nessuno si aspetta che oggi la produzione industriale possa raddoppiare in un decennio, come al tempo del miracolo economico (fra 1955 e 1965), con un paese da ricostruire. Ma il -18% del decennio 2005-2015 è una catastrofe senza precedenti. Il commento del prof. Alberto Bagnai su il Fatto Quotidiano.

L'Italia non riparte, il governo è immobile

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Caro premier, a quando le riforme economiche?

il governo Renzi procede con determinazione sul piano delle riforme istituzionali, ma si sta dimenticando quelle economiche, dopo il successo del Jobs act, e pare essersi arenato. Pensare che passi successivi — a cominciare dall’approvazione della legge sulla concorrenza che il governo ha abbandonato agli appetiti delle lobby — possano essere rimandati alla prossima legislatura è un’illusione che renderebbe solo più probabile l’essere sospinti sulla via mediterranea. L'editoriale di Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sul Corriere della Sera.

Italia, premier bocciato in economia

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Quel che non si dice di Piazza Affari

Le piazze finanziarie di tutto il mondo ballano. E non il tango argentino. Si è già scritto numerose volte che l'andamento delle borse sono un indicatore significativo per rivelare l'andamento di un sistema economico. Paul Samuelson, già premio Nobel per l'economia, sosteneva che gli indici dei mercati finanziari sono la cartina di tornasole di una economia. Se le borse crollano, l'economia piange, le imprese licenziano, i lavoratori stentano a trovare una nuova ricollocazione. I giovani sono i più in difficoltà, tanto che una gran parte o decide di emigrare o, addirittura, cerca nemmeno più un lavoro, sapendo di non avere speranza alcuna di trovarne uno. Certo, il premier si è tanto speso per infondere fiducia in un'economia che dopo anni di recessione e,oggi, stagnazione, prometteva un po' a tutti, in particolare ai più giovani, prospettive di un riscatto a breve. Purtroppo il Jobs Act non ha affatto risolto i problemi. Il lavoro ancora è un miraggio per molti. Si parla di lavoro a tempo indeterminato (che tanto indeterminato non è , stante che dopo tre anni, o anche prima, l'azienda può cacciarti via dal posto di lavoro senza tanti complimenti) o a "tutele crescenti" ma le uniche ad trovarsi tutelate sono certamente le aziende. Le grandi aziende. Che possono liberarsi della manodopera con una semplice mail o con un sms. Il precariato è ancora una grave piaga. Lo rivelano le statistiche che hanno visto centuplicarsi i lavori con i buoni lavoro, i cosiddetti voucher da 10 euro l'ora.

Conferma di queste considerazioni si hanno seguendo lo stop and go degli ultimi mesi dei mercati finanziari. Samuelson aveva decisamente ragione. Le borse di mezzo mondo (se non di tutto il mondo) vanno male. Non si avverte la necessità che il direttore del Fmi, Christine Lagarde, e del governatore della Bce, Mario Draghi, confermino quanto le borse da tempo dicono. Il mondo è in grandi difficoltà. D'altronde, che le più importanti istituzioni finanziarie internazionali siano tra le maggiori responsabili della crisi mondiale per non averla prevista e quando è accaduto quel che è accaduto negli Stati Uniti è scoppiata una bomba atomica con prima protagonista Lehman Brothers, ben poco è stato fatto per affrontarla e superarla. La conclusione, il periodo di grande difficoltà potrà dirsi superato allorquando le borse riprenderanno a correre. Non prima. Per restare in Italia, il 21 aprile 2007, il titolo Unicredit quotava euro 7,469. Oggi, dopo aumenti di capitale, sotto quota 3 euro. Per non parlare di Generali, Telecom, Banco Popolare e Tiscali. Devono ripartire gli investimenti privati e pubblici se si vuole invertire la rotta. Jean Claude Juncker se ne faccia una ragione. Così Angela Merkel, Matteo Renzi e Francois Hollande.

Marco Ilapi, 4 aprile 2016

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