Un leader politico europeo: l'imperativo, fermare Putin

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Una Unione Europea senza difesa

Oggi a Berlino Macron incontra il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il premier polacco Donald Tusk per discutere le prossime mosse, al Cremlino si fanno beffe delle ipotesi di trattativa di pace, ormai relegate a un grottesco repertorio per saltimbanchi da talk show, selfisti di Putin e prelati anticapitalisti, tutti uniti nell’invitare gli ucraini a farsi calpestare dagli scarponi chiodati russi, ma indisponibili a chiedere ai fascisti russi di tornarsene a casa e di smettere di bombardare le case, le scuole, gli ospedali del popolo che sarebbero andati a proteggere. «Sarebbe ridicolo trattare ora che l’Ucraina sta finendo le munizioni» ha detto Putin, incassando il regalo degli amici trumpiani del Maga che non forniscono più armi americani a Kyjiv, mentre Dmitry Medvedev, il suo avvinazzato Robin, ha proposto un piano di pace in sette punti, quasi interamente dedicati alla cancellazione dell’Ucraina e degli ucraini dalla storia e dalla cartina geografica, come e più di un guerrasantiero di Hamas rispetto a Israele e agli ebrei (...) La svolta politica di Macron è straordinariamente importante non solo perché la Francia è uno dei paesi più importanti del continente, oltre che una potenza nucleare, ma perché per lungo tempo il presidente francese è stato uno dei più cauti sostenitori delle ragioni dell'Ucraina. Era Macron quello che trattava con Putin per convincerlo a non invadere l'Ucraina, era Macron quello che voleva persuadere Zelensky a cedere i territori occupati militarmente dai russi, era Macron quello che poco prima della guerra aveva decretato la morte cerebrale della Nato, era Macron quello che non voleva umiliare Putin, era Macron quello che non voleva armare fino ai denti l'Ucraina in modo da offrire a Putin una via d'uscita onorevole per ritirarsi. Il commento di Christian Rocca su Linkiesta.

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La strategia di Macron contro von der Leyen

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La linea renziana sulle europee a fianco di Macron

Le bordate di Matteo Renzi a Ursula von der Leyen, «follower ma non leader», spezzano il movimento centripeto europeo a favore della conferma dell’attuale presidente della Commissione europea e anticipa che Renew Europe non sarà nell’accordone imperniato su socialisti e popolari, con quali conseguenze a questo punto è da vedere. Ursula già non è uscita bene dal congresso del Ppe, e un dissenso di Renew, dietro il quale si staglia l’ombra di Emmanuel Macron, potrebbe avere un prezzo serissimo. Perché nessuno può fare il presidente della Ue senza il sì della Francia. L’attuale presidente della Commissione dunque è davvero in difficoltà e non le sono arrivate buone notizie da Firenze

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Il coraggio di Macron, ora tocca ai riformisti italiani

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Con Gabriel Attal Macron rinnova, ora tocca all'Italia

Ancora una volta Emmanuel Macron ha sorpreso un po’ tutti nominando primo ministro Gabriel Attal, trentaquattro anni, ministro dell’Istruzione uscente, il più giovane primo ministro della Quinta Repubblica, gay (è sposato con il capogruppo di Renew Europe Stephane Sejourné). In un momento non facile, ecco che il presidente francese ha giocato la carta del rinnovamento, un forte rinnovamento. Esce di scena la sbiadita Elisabeth Borne alla vigilia ormai di elezioni europee che per Ensemble, la formazione politica di Macron, si annunciano difficili a causa del convergente assalto a lui mosso da destra e da sinistra. La scelta di Attal è comunque un segno del vitalismo dell’inquilino dell’Eliseo che va verso la parte conclusiva del suo regno, nella quale deve porsi anche il problema della successione. Da questo punto di vista, Attal sembra avere qualità notevoli, unite al vantaggio di essere giovane, anche se è chiaro che è ancora prematuro vedere nel nuovo primo ministro il delfino designato alla ennesima corsa all’Eliseo. Il commento di Mario Lavia su Linkiesta.

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