Tra bellezza e spiritualità nei tempi della pandemia

Nel piccolo borgo medievale di  Sant’Agata Feltria, in val Marecchia, nell’entroterra di Rimini, vive una comunità di monache clarisse, che ha saputo cogliere la bellezza dell’essenza umana trasferendola  nel loro operare quotidiano: dalle espressioni  dell’arte alla preghiera. È  una comunità antica, nata  nel 1218 a Sant’Antimo, a soli dieci chilometri da dove  si trova ora il monastero intitolato a Santa Maria Maddalena, sulla strada che conduce in Toscana, per iniziativa della sorella di santa Chiara, sant’Agnese e che, come una fenice, è risorta  più volte dalle proprie ceneri, in seguito ad innumerevoli vicende sfortunate.  Sfogliando il “grande libro”  delle icone che esse dipingono, e in particolare di una, quella della Vergine con il bambino, cogliamo la bellezza del sentimento della maternità: di quel sentire profondo che unisce madre e figlio, e che diventa, nella prima, cura e protezione e, nel secondo, ancora di salvezza. Nello spirito gioioso di  Deborah,  badessa del  convento,  che  si rivela chiaro  nelle sue parole e  che vivacizza il dialogo, si spiegano  le ragioni della loro scelta di vita, che  riconosce il sacro nella sorella vicina, ossia la bellezza di Dio  in ogni persona accanto a  loro. Con una risata allegra lei racconta che erroneamente si pensa che le monache  venendo in questo convento abbiano voltato le spalle al mondo, in realtà esse sono innamorate dell’umanità. Quel bel sentimento dell’umano che noi riconosciamo nelle loro creazioni e  a cui si dedica tutta la comunità: dalle lunghe e complesse  operazioni che portano alla realizzazione delle icone, come la gessatura e la doratura delle tavole, fino ai particolari  dei volti e delle figure  in cui sono specializzate, due loro sorelle suor Maria Chiara e suor Amedea. Un viaggio fra le  icone  diventa così  un percorso nell’arte che ci avvicina al sacro  per la sensibilità umana che vi possiamo ritrovare come qualcosa  che già conosciamo. L’icona la Madre di Dio della Tenerezza di Georgy Gashev, nell’abbraccio affettuoso del piccolo Cristo che si stringe  al collo della Madonna, come un piccolo naufrago, mostra nei grandi occhi  della Vergine, dal caldo color nocciola velati di tristezza, il presagio del destino doloroso sulla terra di Cristo. Gli incarnati lucenti della Madonna di Vladimir di Andrej Rublëv  rivelano la forza  della luce divina che si riflette nell’umano mentre  il mantello della Madre di Dio nel suo rosso striato d’oro, racchiude come in una mandorla sacra, un momento di indicibile tenerezza.  Ci affascina la pienezza dei volti nella Madonna di Chora, rischiarati dall’azzurro della sua veste simile ad un cielo sereno dove i bianchi  sono  nubi di passaggio che  non oscurano, ma  concentrano l’attenzione dello spettatore, mentre bastano due colori: il giallo e il marrone chiaro  per definire la preziosità dell’immagine della Deesis. Grandi maestri antichi e moderni, come Andrej Rublëv, Georgy Gashev della scuola  bizantina sono serviti come linee guida in questa comunità che ha seguito numerosi corsi, durati anni, tenuti dall’iconografo Giancarlo Pellegrini, ma che ha saputo declinare con una maestria che deriva dalla tecnica ma anche da capacità individuali e dalla riflessione sul divino, l’arte dell’icona, capace in questo modo  di trasmettere accanto al suo valore metafisico il senso di  grandezza e al tempo stesso  di  fragilità dell’essere umano. L’ecumenismo delle clarisse di Sant’Agata Feltria si è sviluppato anche  dal confronto con alcune monache e monaci  ortodossi di Timisoara in Romania che esse ospitano ogni anno. Durante un’intera settimana  si ritrovano insieme e alternano la liturgia latina e quella ortodossa in uno spirito di dialogo che continua la tradizione del monastero che da tempo accoglie nella foresteria coloro che vogliono soggiornarvi per periodi. La pandemia mondiale del coronavirus è stata  per le clarisse di questo comune, noto anche per la fiera del buon tartufo, un’occasione di riflessione sul significato di questo evento e al tempo stesso un’opportunità d’incontro con le persone che a loro si sono rivolte con più frequenza  per conforto e consigli.

Patrizia Lazzarin, 3 aprile 2020

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