Superare le divisioni tra paritarie e statali, altrimenti la scuola non reggerà

“In questi giorni difficili, la scuola continua a esistere, a funzionare e a rappresentare l’unico luogo di cultura per tanti giovani: merito del personale direttivo, docente, amministrativo che ha a cuore il bene delle nuove generazioni di studenti”. Inizia così la lettera inviata in questi giorni al ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina, dal rettore dell’istituto scolastico don Carlo Gnocchi, scuola paritaria di Carate Brianza con centinaia di studenti iscritti a liceo classico, scientifico, socio economico, scienze applicate e istituto alberghiero. La lettera è firmata da decine di “direttori, presidi e rettori di Istituti scolastici paritari”, che sottolineano come in queste settimane di lockdown e incertezza sul futuro “il nostro lavoro continua a essere al servizio di docenti e studenti affinché, anche in una forma forzatamente diversa, la scuola continui a essere una proposta culturale fondata sulla relazione interpersonale”. Nessuna polemica, ma un invito al ministro “ad assistere o a partecipare alle nostre lezioni, che non hanno smesso di essere sia teoriche sia pratiche in un orario settimanale quanto più organico possibile – lezioni che si possono realizzare solo in forza di docenti desiderosi di rispondere con responsabilità al momento storico che viviamo. Siamo scuole paritarie: non crede Lei sia venuto il momento, in questo momento, di superare divisioni che non hanno (più) ragion d’essere, e finalmente di considerare pubblica ogni esperienza formativa che, nel rispetto delle norme democratiche, cerca di rispondere al bisogno educativo delle giovani generazioni? Noi crediamo di sì, crediamo che Lei condivida tale preoccupazione e che essa sia urgente”. Come ha ricordato in una intervista sul Foglio online il deputato di Italia viva Gabriele Toccafondi, “a vent’anni esatti dalla legge 62 che la introduceva, la parità scolastica è ancora lontana dall’essere pienamente realizzata”. Quando si parla di paritarie si parla di oltre undicimila scuole, un corpo docente e non docente che tocca le centosessantamila unità, quasi un milione di studenti. Prosegue la lettera al ministro: “Conoscere la nostra esperienza, accanto alle tante che in Italia stanno contribuendo ad assicurare che la scuola non cessi di essere scuola pur nei limiti che l’epidemia impone, può essere un aiuto importante a chi ha il compito di sostenere, governando, il nostro sistema formativo. La vita dei nostri alunni continua anche nelle presenti condizioni così anomale, e dobbiamo rispondere ora a tutti gli studenti italiani, perché questo ‘ora’ è la circostanza urgente cui rispondere e che può rivelare, far vedere, degli adulti capaci di vivere una responsabilità, facendo ciò che sappiamo fare: educare insegnando”. Un servizio pubblico a tutti gli effetti, ma a pagamento. “Le famiglie di questi alunni, e di tutti gli alunni delle scuole paritarie italiane – parliamo di poco meno di un milione: 866.805 per l’esattezza, secondo i dati forniti lo scorso settembre dal ministero – dovranno presto sostenere l’onere di spesa per una scuola paritaria nel mezzo di una crisi economica già attuale e ancor più incombente. A Lei perciò chiediamo un intervento del governo che provveda aiuti economici a quelle famiglie perché possano ancora sostenere i costi delle scuole e non le abbandonino. Le scuole paritarie, lo ricordiamo, sono a tutti gli effetti – legali, culturali, sociali – pubbliche e aperte a chiunque, senza nessuna discriminazione o limitazione – se non quella economica, che è di grave pregiudizio alla libera scelta educativa. Ma bisogna sapere che i genitori dei nostri ragazzi non sono per lo più abbienti, come invece comunemente si pensa e si ripete: molti di loro sono già oggi in Cassa integrazione all’80 per cento dello stipendio, altri sono costretti a chiudere le loro piccole imprese, altri ancora hanno perso o perderanno il lavoro di regolari dipendenti. E per sopperire alle difficoltà di versare la retta annuale, oltre all’eroico sacrificio di tanti genitori, sono le scuole stesse a offrire borse di studio o dilazioni nei pagamenti pur di assicurare ai ragazzi la frequenza delle lezioni”. Non chiedono soldi alle scuole i firmatari della lettera al ministro Azzolina, né alcuna “conservazione di un privilegio esclusivo (questo sarebbe proprio di scuole ‘private’, ‘d’élite’), bensì a materiale sostegno di cittadini italiani a pieno titolo. Un tale intervento consentirebbe d’incentivare, o non deprimere, realtà creative che esistono da decenni, che rispondono a esigenze sociali e territoriali effettive, che fanno cultura: come le scuole statali, del resto, però con risorse finanziarie spesso precarie e senza poter offrire a chi vi opera garanzie contrattuali paragonabili a quelle assicurate dall’Amministrazione statale”. Se mancano le rette le scuole chiudono, e se le scuole chiudono, oltre a decine di migliaia di disoccupati, ci sarà un quasi un milione di studenti che si riverserà nelle scuole statali, facendo collassare un sistema già oggi molto fragile. Il primo passo è rendersi conto del servizio che queste scuole fanno, ecco perché la lettera si conclude con un invito al ministro: “Saremo lieti e onorati di ricevere una Sua visita a qualche lezione online, e di veder riconosciuto dal Suo ministero, nella morsa sanitaria che attanaglia il paese, il valore pienamente pubblico delle scuole paritarie insieme con l’esigenza educativa di chi le frequenta. La aspettiamo!”.

Piero Vietti - Il Foglio  - 15 aprile 2020

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