L'inutile crociata contro le bufale

Si parla di «fake news» e si potrebbe parlare più semplicemente di «notizie false» o di «bufale». Già Dante rimproverava agli italiani il vizio di rincorrere le lingue degli altri: a quel tempo il francese. Nel Convivio innalzò una delle sue invettive «a perpetuale infamia e depressione de li malvagi uomini d’Italia, che commendano lo volgare altrui e lo loro proprio dispregiano». L'editoriale di Paolo Di Stefano sul Corriere della Sera.

Le bufale o fake news sono sempre esistite

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Il "sapere"... in un click!

Molto  è cambiato nel mondo dell’informazione da quando giornali e televisione sono stati affiancati dal web. Basti pensare all’attualissimo problema delle fake news. Per l’esattezza, le false notizie sono sempre circolate, come nel caso delle “prove” che portarono all’attacco dell’Irak, ma oggi si accede sempre più velocemente alle notizie attraverso internet e non vi è sempre la possibilità di verificarle e approfondirle. E’ così che la parte più fluttuante della popolazione è facilmente manovrabile su scelte elettorali o su problemi di viva attualità sociale: le recenti elezioni americane, con la rincorsa di news sui due candidati, o le odierne polemiche sui vaccini,  sulla pubblica sicurezza o sulle ONG che si occupano di migranti. Si può far scoppiare un caso anche in assenza completa di fatti, ma solo su convinzioni non supportate da prove condivisibili; oppure si può scoprire, come hanno fatto al TGR 1, che dal 2007 al 2013 i furti negli appartamenti sono avvenuti prima delle 9 di sera e che quindi tutta la polemica sulla legge in discussione  è male impostata. E’ importante perciò domandarsi quale sia il ruolo della stampa.

Se lo sono chiesto diversi specialisti dell’informazione riuniti a Dogliani, in occasione del Festival della Tv e dei nuovi media nei primi giorni di Maggio. Accanto ad Enrico Mentana (direttore de La 7) e Lirio Abbate (L’Espresso), che hanno discusso sui “mis-fatti” tra carta, tv e web,  Alessandra Sardoni (giornalista de La 7) con Marco Pratellesi (direttore Agi) e  Vincenzo Morgante (direttore Tgr) si sono interrogati sul ruolo dei media di fronte alle fake news.

Che cosa ne è emerso?

Prima di tutto il cambiamento epocale nella diffusione dell’informazione:

-          Il deficit reputazionale della stampa; una volta unica fonte di legittimità delle notizie, accanto alla televisione, oggi è superata dal web in cui  si cercano frettolosamente le news;

-          la necessità di essere sempre più rapidi, di precedere le altre testate e quindi il rischio di raccogliere le reazioni prima di conoscere i fatti;

-          la provenienza delle notizie: nel mondo della politica,  le dichiarazioni dei politici sono spesso usate come fonte e poi rilanciate per giorni fino ad ingigantirne la portata; nel mondo giudiziario, i rapporti si rivelano molto “scivolosi” sul piano professionale, perché la notizia  diffusa può rovinare un personaggio, di cui poi è difficile recuperare la fama;

-          i rapporti con gli uffici stampa, che devono essere “coccolati” per avere il personaggio, l’intervista, l’anteprima;

-          la presenza nel web di informazioni, di cui non è facile distinguere la provenienza e l’affidabilità (una volta c’erano solo le Agenzie di stampa); non a caso Umberto Eco aveva affermato che “Internet ospita legioni di imbecilli”!

-          Wikipedia, che appare come un’enciclopedia esauriente, in realtà offre solo informazioni superficiali, senza approfondimento, per il quale, invece, occorrono studio e impegno di ricerca;

-          la mancanza di competenza per capire e interpretare la realtà in un’utenza  priva nella maggior parte dei casi degli strumenti critici a ciò necessari (anche se Facebook ha assunto l’impegno di maggiori controlli, per accreditarsi come fonte autorevole)

-          l’accelerazione delle notizie, che però scompaiono altrettanto rapidamente, ma per converso, la permanenza in rete di notizie o fatti poi verificati come imprecisi o falsi (si pensi al numero di “esodati” via via fornito dalle diverse fonti);

-          a monte di tutto ciò, c’è anche il problema delle risorse economiche per la stampa

Che cosa servirebbe allora ad una stampa con una funzione di servizio? Serietà, passione, imparzialità, autorevolezza ….

E per fare di un giovane un buon giornalista, ha chiesto Alessandra Comazzi chiudendo il dibattito sulle fake news? Preparazione, studio sempre; pratica sul campo, a partire dalle agenzie e dai video; ma soprattutto “la passione per il giornalismo” e non per il mondo dei potenti!

Clara Manca

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