Diva d'acciaio

  • Pubblicato in Cultura

Tamara de Lempicka, l’artista polacca che ha saputo ritrarre con il suo pennello  donne dalle forme sensuali e conturbanti trasformandole in icone, una femminista ante litteram nelle scelte di vita e protagonista nella vivace Parigi degli anni Venti e Trenta del Novecento, è la protagonista del nuovo romanzo della storica dell’arte Valentina Casarotto. L’autrice aveva avuto modo di apprezzarla visitando alcune mostre che nello scorso decennio ne facevano conoscere la peculiare cifra stilistica che si era maturata anche grazie alla preziosa lezione del manierismo italiano di Bronzino e Pontormo. Allieva di Maurice Denis vicino ai Nabis, e di Andrè Lothe di formazione cubista, le sue opere, come La ragazza in verde che compare sul frontespizio del libro sono immediatamente riconoscibili nel disegno che definisce le linee dei  contorni.

Sono le donne nella maggior parte dei casi ad essere il soggetto privilegiato delle sue tele, dagli sguardi al tempo stesso curiosi e sfuggenti, tremendamente belli nei loro colori intensi. Sono figure monumentali, vestite o nude, uomini e donne con gli accessori adatti a catturare la nostra attenzione e a rivelare il momento storico in cui sono vissute. La pubblicazione dopo dieci anni dal precedente romanzo sulla pittrice veneziana Rosalba Carriera,  del libro Diva d’acciaio  che racconta di Tamara de Lempicka, prosegue l’intento della scrittrice di far emergere e di far conoscere l’arte femminile al grande pubblico. Una scrittura meditata che si è avvalsa di una costante ricerca per poter delineare un’artista dalla personalità sfaccettata, ricercata per le sue opere, ma anche  per la sua bellezza.

Indipendenza, tenacia e amore per la solitudine creativa emergono come elementi peculiari di Tamara che sapeva incuriosire e amava essere protagonista come ci rivela anche il dipinto Autoritratto sulla Bugatti verde, diventato simbolo dell’emancipazione femminile. Qui Tamara si ritrae al volante di una Bugatti, un modello di auto da corsa e indossa un caschetto da pilota. Intorno al collo porta stretta una sciarpa grigia, il suo colore preferito. Il volto è truccato in modo impeccabile. Le labbra sono carnose e di color rosso fuoco. Il suo sguardo determinato rivela subito la sua forza caratteriale. Romanzo e in parte saggio il libro di Valentina Casarotto, pubblicato da Gaspari editore, scava dentro l’origine dell’ispirazione artistica  della pittrice polacca. I suoi dipinti  diventano occasione di nuove rivelazioni sulla sua arte e sulla sua vita.

Scopriamo così committenti e ragioni da un lato e come si muoveva e operava la pittrice nel suo atelier, sempre alla ricerca di quegli elementi capaci a catturare “l’anima” del soggetto da raffigurare. In compagnia di una giornalista investigatrice di New York, incaricata per conto dell’FBI, di scoprire eventuali segreti di Tamara, sospettata di essere una spia al servizio dei russi, la scrittrice ci fa attraversare le principali città europee in un momento storico, tra l’agosto del 1938 e il dicembre del 1939, dove si profilava pauroso l’avvicinarsi del secondo conflitto mondiale.  

Fra le righe del libro, scopriamo la suggestione dei luoghi e anche approfondiamo il carattere forte dell’investigatrice. Devonshire, ottobre 1938. Il paesaggio scorreva serrato all’orizzonte dall’altopiano del Dartmoor, si allargava nella brughiera collinare e prendeva un respiro ampio con il verde ipnotico dei pascoli. Un miglio dopo l’altro, questa calma innaturale mi ha permesso di esercitare un certo distacco dalle vicende della politica internazionale e concentrarmi sull’inizio dell’indagine che si presagiva ricca di prospettive … 

Nel seguire il percorso della giornalista Clare Bryce e grazie alle interviste a chi ha conosciuto la pittrice, entriamo nei palazzi dei ricchi e dei potenti e come in un palcoscenico si presenta nella sua vivacità e alterità la mondanità dell’epoca. Un mondo che ci appare estremamente libero e dove si confrontano gli amori saffici di Romaine Brooks e della stessa Tamara, entrambe pittrici, entrambe attratte da Gabriele d’Annunzio, anche se con esiti e intenti differenti. Un tempo popolato di donne eccentriche come Luisa Casati che sbarcava sull’isola di Capri con al suo seguito ghepardi e pappagalli e si faceva immortalare da numerosi artisti.

 Clare Bryce  personaggio d’invenzione  che trae ispirazione dalla giornalista e politica Clare Boothe Luce (1902-1987), realmente esistita, si mostra simile per il suo fascino a Tamara de Lempicka e  nel farsi raccontare dai conoscenti della pittrice pezzi della sua vita, ci immerge nella temperie culturale di un’epoca, fra  i suoi umori e  dentro le sue aspettative.  La scrittrice  ci restituisce così la modernità di un personaggio e di un periodo storico. Incontreremo all’inizio Tamara nell’aristocratica San Pietroburgo, quando ancora fa parte di quel mondo dorato,  vicino allo zar, la vedremo in fuga, vestita di stracci dalla Russia zarista, con la piccola Kizette e il marito nelle prigioni bolsceviche.

La conosceremo poi nel bel mondo parigino, in Italia e ancora negli Stati Uniti. Fra i mercanti d’arte, i collezionisti, nelle gallerie, nei caffè e night club  avremmo la misura dell’effervescenza e delle complicazioni della vita dell’artista polacca.  

Patrizia Lazzarin, 30 ottobre 2023

Leggi tutto...

Il morbido pastello della grande pittrice venziana del ‘700

  • Pubblicato in Cultura

Il colore delicato della pittrice veneziana Rosalba Carriera che si trasforma, nello stendersi in pastosità luminosa, si potrà apprezzare  nella mostra a lei dedicata a Cà Rezzonico, il Museo del Settecento Veneziano nella città lagunare, dal 13 ottobre al 9 gennaio 2024.

I ritratti a pastello e le sue piccole miniature, spesso su avorio, le permisero di essere nota e ricercata in tutta Europa. Una in particolare, Fanciulla con colomba sarà il biglietto d’ingresso nella prestigiosa Accademia di San Luca di  Roma. Rosalba Carriera nasce il 12 gennaio del 1673 a Venezia e muore nella stessa città nel 1757, ormai divenuta cieca. Ricevette nel corso della sua vita attestati di stima assai rari che lo sono ancor di più, se pensiamo all’artista come donna. 

Il Mercure de France stampò nel 1722 un Elogio di Rosalba Carriera, in occasione dell’arrivo a Parigi del pastello raffigurante una Musa del seguito d’Apollo, destinato all’Accademia Reale di Pittura che l’aveva accolta due anni prima fra i suoi membri. A lei fu commissionato anche il ritratto di Luigi XV fanciullo. Il mondo dei conoscitori le attribuì allora il merito di aver rinnovato il ritratto a pastello.

A fine Settecento in Francia e in Europa nascevano le prime scuole destinate alle ragazze, dove esse potevano finalmente  acquisire un’educazione artistica. Non si conosce invece molto sulla formazione della pittrice, se sia stata allieva di qualche pittore veneziano o se invece fu brillante autodidatta. Nella sua famiglia ebbe sicuramente modo di apprendere la pratica del ricamo e quindi del disegno e, di imparare la storia, la letteratura e il francese, come testimoniano le lettere inviate in un buon francese ai suoi corrispondenti.

Divenne esponente assieme a Sebastiano Ricci e a Giovanni Antonio Pellegrini che sposerà sua sorella Angela, della corrente chiarista veneziana. I suoi eleganti ritratti, venati in alcuni casi di una bellezza malinconica, vanno  dagli studi di teste alle figure intere. Attenta osservatrice del vero la pittrice non appesantì le sue creazioni di inutili dettagli. Il tratto veloce del suo pennello preferì i toni vellutati che si arricchiscono di sfumature madreperlacee.

Dal 1706 ricevette anche  importanti commissioni da Cristiano Ludovico di Meclemburgo, dall’Elettore del Palatinato Giovanni Guglielmo  e dal re Federico IV di Danimarca. Nel 1720 viene accolta fra i membri dell’Accademia di Bologna. Fra i suoi amici  francesi troviamo gli artisti Antoine Coypel, Jean-Étienne Liotard, Georges de La Tour e soprattutto Antoine Watteau, il cui stile la affascina. La ritrattistica francese del Settecento apprezzò molto i suoi insegnamenti, lontani dalle costrizioni della lezione accademica.

A Modena dove si recherà nel 1723 per ritrarre la famiglia d’Este si confronterà con la pittura del Correggio e dei Carracci. Nel mondo viennese, ma soprattutto fra gli inglesi, si solidifica la sua fortuna. I nobili inglesi che compivano il grand tour fin dai primi del Settecento, le commissionarono piccoli medaglioni dipinti in miniatura, spesso attraverso Cristiano Cole, segretario di Lord Manchester. Ritroviamo nei ritratti di giovani inglesi in bauta, vestiti con abiti ricercati e  in atteggiamenti  che fanno risaltare la loro bellezza,  nomi prestigiosi come quello del politico britannico, il secondo duca del Dorset, Charles Sackville e lo scrittore inglese, autore del primo romanzo horror propriamente detto, Horace Walpole.  

La collezione del console Smith a Venezia, contenente molte opere di Rosalba Carriera e  che fu acquistata  da Giorgio III d’Inghilterra, favori in seguito la conoscenza ed il successo della pittura veneta del  Settecento.

La rassegna a cura di Alberto Craievich  fa focus sull’artista italiana più celebre nell’Europa del Settecento.  A lei spetta il più acuto ritratto dei personaggi della società veneziana ed europea del suo tempo. Seppe  rendere in modo encomiabile  gli ideali di grazia e di eleganza di un’ epoca, quella “vita felice” ormai entrata nell’immaginario collettivo e che si identifica con l’ancien régime.

Rosalba Carriera  è stata una straordinaria pittrice di miniature su avorio elevandolo da pratica artigianale a vera e propria arte grazie all’utilizzo di una pennellata sciolta e intrisa di luce. Nonostante le innumerevoli richieste di ritratti di questa tipologia,  in particolare da parte di viaggiatori di passaggio a Venezia, tuttavia oggi non è facile imbattersi in queste sue piccole immagini. A Rosalba Carriera, in veste di miniaturista, viene dedicata in quest’occasione una retrospettiva che presenta al pubblico 36 opere, assieme a pastelli, documenti, disegni, stampe, provenienti dalla Fondazione Musei Civici di Venezia e da altre istituzioni e collezioni private. Avremmo così l’opportunità di ammirare delle creazioni di straordinaria fragranza e delicatezza, ormai classici dell’arte del Rococò, nell’anno in cui ricorrono i trecento cinquant’anni dalla nascita dell’artista.

Patrizia Lazzarin, 25 agosto 2023

Leggi tutto...

Canaletto & Venezia

  • Pubblicato in Cultura

Canaletto & Venezia, l’esposizione che si è aperta in questi giorni a Palazzo Ducale,  è un’immersione nella storia dell’arte e della cultura veneziana del Settecento. Questo secolo che assiste al declinare  della potenza della città lagunare mostra al contrario intatta e feconda la vena creativa  dei suoi artisti: il fascino del mito di Giambattista Tiepolo nei cieli popolati di divinità che incantano, le accensioni delle tinte del figlio Giandomenico nei racconti  della vita  veneziana, il pennello soffice nei ritratti di Rosalba Carriera o nelle favole del cognato Antonio Pellegrini e la maestria del disegno di  Giulia Lama, ammirata da  Giambattista Piazzetta che assieme a Sebastiano e Marco Ricci,  a Francesco Guardi  e a Bernardo Bellotto colgono le sfumature di un mondo vario e mutevole.  Fra di loro  chi sperimenta di più  con l’immaginazione, chi si avvale soprattutto dello spirito d’osservazione. Antonio Canal  detto Canaletto (1697-1768) appartiene a questa seconda schiera di maestri del colore ed egli traduce  nelle sue opere, con precisione ottica, arricchita dalla luce e dal colore, la bellezza del reale.  Le sue vedute hanno fatto innamorare dal Settecento ad oggi visitatori di ogni paese, felici di portare  con se uno scorcio di quella Venezia che nelle tele del pittore veneziano conserva la luce di una città che vive sospesa fra cielo e mare. Assieme alle tele dei musei veneziani la mostra ospita opere provenienti da importanti collezioni inglesi, americane, russe e francesi, ha spiegato il sindaco di Venezia  Luigi Brugnaro.  Il progetto dell’esposizione è stato sviluppato assieme alla Réunion des Musées Nationaux - Grand Palais ed esso  conclude la narrazione aperta al Grand Palais di Parigi a settembre 2018, mettendo in evidenza la dimensione europea dell’arte del Settecento veneziano e soprattutto il suo slancio verso la modernità, ha precisato la direttrice della Fondazione dei musei civici di Venezia,  Gabriella Belli nella presentazione del catalogo della mostra edito da Consorzio Museum Musei. Il Settecento è il secolo dei lumi dove le aspirazioni ad un’interpretazione più logica e razionale del reale si intuiscono anche nell’arte pittorica, in questa volontà di definizione e di comprensione  dei luoghi   per mostrarne la loro specificità. Quando ci poniamo  ad osservare la tela: La chiesa e la scuola della Carità dal laboratorio dei marmi di San Vidal  di Canaletto,  proveniente dalla National Gallery di Londra,  il nostro animo è avvinto da quel colore caldo che varia nelle sue tonalità dai gialli ai marroni spruzzati di rosso  e da quel biancore della pietra che nella sua purezza sembra far da contraltare e mettere in luce l’operosità della gente. E pare quindi straordinario ritrovare palazzi, monumenti, chiese, canali e campielli nelle opere del Canaletto, Guardi, Marieschi  e Bellotto, in visioni precise e nitide in alcuni, trasparenti quasi a dissolversi in altri, in un fermo immagine che ama cogliere la grandiosità e la bellezza di una città regina dei mari da  secoli. E’ una Venezia preziosa, racchiusa in una teca, in  equilibrio fragile, in un’epoca di cambiamenti che vedrà molti pittori, come lo stesso Canaletto, Bellotto e Pellegrini trasferirsi, per periodi più o meno lunghi, nelle corti europee. Il vedutismo nasce nei primi anni del Settecento con la pubblicazione della raccolta di incisioni intitolata: Le fabbriche e le vedute di Venezia disegnate, poste in prospettiva e intagliate da Luca Carlevarijs, ma Canaletto riesce a inventare una grafia che esprime  visioni che fanno emergere la poesia di un racconto essenziale del mondo veneziano, colto negli elementi che costituiscono la sua identità. Più sfocate ma al tempo stesso trasparenti le atmosfere che riempiono le tele di Francesco Guardi dove gli edifici, quasi presenze vitree, nel loro vibrare fanno trascorrere una luce che rende acque e palazzi, specchi, dove volgere il nostro sguardo per cercare un’umanità nascosta. Trasparenze che giungono a volte alle montagne e ci lasciano incantati ad osservare. Pietro Longhi  ci accompagna  dentro  le abitazioni dei veneziani  e nelle predilezioni e passioni dell’epoca, all’indomani dei mutamenti culturali che avevano posto maggiore attenzione anche al ruolo delle donne nella società. La dimensione europea degli artisti è illustratanella rassegna intesa a far conoscere come  nella scultura, nell’arte decorativa, nell’incisione, nell’editoria, nell’affresco e nell’architettura  vi siano  molte espressioni  che rappresentano la qualità creativa e innovativa dell’arte veneziana, capace di emergere nel contesto sovranazionale. Antonio Pellegrini, Giambattista Tiepolo nelle storie del mito o Sebastiano Ricci nei quadri di storia raccontano con stile elegante, a volte sontuoso,  leggende e avvenimenti che fanno parte del nostro patrimonio culturale. E’ un’esplosione di colore e di vitalità, di luci nuove, di bellezza che seduce, di morbidezza e a volte di sensualità che raffigura un mondo che quei valori intende esprimere, fatto di corti, di luoghi di cultura e di simboli. Agli antipodi  la pittura di coloro che come Giambattista Piazzetta nel suo dipinto la Ragazza che si spulcia o Il giovane pescivendolo che conta i denari, in tocchi di realismo che non s’ inchina a nessun perbenismo, mostra l’altra faccia della terra con naturalezza. Da ammirare per la loro modernità i ritratti in carboncino e gesso di questo pittore che si possono vedere in mostra. Più sezioni per evidenziare gli aspetti incredibili di una città che stupiva per le sue cerimonie e per le sue  feste, come nello Sposalizio del mare dove protagonita e  luogo designato era il Bucintoro, quella nave d’oro immortalata nelle opere, senza tempo, di Canaletto  e Bernardo Bellotto o quel Carnevale, ancora oggi straordinario nelle sue maschere, come quella di Pulcinella che incanta negli acquarelli di Giandomenico Tiepolo. Quanti colori invece: gialli, rossi e turchesi  riempiono assieme alle maschere la tela del Minuetto di Giandomenico  e irrompono nel nostro campo visivo portando tutta la vitalità di un’epoca e l’eccezionalità di una città: Venezia,  luogo speciale. Un mondo straordinario che la scultura di Antonio Canova, a fine percorso espositivo,  ma all’aprirsi del nuovo secolo, sembra salutare con la tristezza velata di  rimpianto.                                                                                                                               

Patrizia Lazzarin, 4 marzo 2019

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .