Piantare alberi, non numeri. Una realtà con più volti

Si è aperto oggi nella città di Padova Flormart, The green Italy: Salone internazionale di Florovivaismo, Verde e Paesaggio. Un’inaugurazione siglata dalla nuova collaborazione tra le Fiere di Parma e quella di Padova e che si presenta “non solo come una vetrina internazionale per la presenza di 160 espositori, provenienti da 45 paesi”, come ha specificato il presidente dell’istituzione fieristica parmense, Gino Gandolfi, “ma diventa anche occasione di scambio di competenze, giornate di studio e di sviluppo di nuovi progetti. Uno degli obiettivi primari è infatti trasmettere la cultura per il verde, ossia per l’ambiente”. La sua battuta finale: “amo leggere, annoto riflessioni: una vita senza sogni è come un giardino senza fiori ..” evidenzia anche il beneficio dell’osservazione della natura e dei suoi incredibili paesaggi sull’animo umano.

Una visione, fatta anche di numeri che misurano la realtà circostante, è stato l’intervento di Nicola Rossi, presidente di Fiere Padova che ha ricordato la nascita della manifestazione in corso, “nel lontano 1974”. Ha precisato che “un terzo delle aziende del settore, presenti nella Regione, sono ubicate a Padova. Sono microimprese che stanno vivendo ora un momento positivo con un aumento dell’export rispetto allo scorso anno del 71%. La produzione veneta ammonta a 182 milioni di euro su una superficie di 2490 ettari”. Le questioni sollevate nel corso dell’inaugurazione sono state numerose: aumenti dei costi di produzione, manodopera, crescita delle fitopatie, riduzione degli agrofarmaci, cambiamenti climatici, risvolti della pandemia e guerra in Ucraina.

In contrasto con le valutazioni sulla crisi energetica e la carenza idrica segnali di ottimismo sono giunti  per il sostegno che potrebbe provenire dal PNRR e dal Bonus Verde, con l’obiettivo di aumentare anche l’export. Dal PNRR arriveranno 330 milioni di euro per la forestazione urbana. Un altro rinforzo potrebbe essere la riconferma per altri tre anni del Bonus Verde che finora ha consentito di creare 2,6 milioni di mq di verde nelle città. “Per il settore primario, che ha margini bassi, servono risorse ancor più ingenti – ha detto il Ministro dell’Agricoltura Patuanelli inaugurando Flormart – Per quanto riguarda il florovivaismo abbiamo previsto ristori per la crisi energetica fino al 30% e abbiamo chiesto che la riduzione del 20% che si applica al costo del gasolio per l’autotrazione in agricoltura si applichi anche al gasolio utilizzato nelle serre vivaistiche”. MA STUDIOSI, PROFESSIONISTI, AZIENDE E POLITICA RIUSCIRANNO A PERSEGUIRE OBIETTIVI COMUNI? Al vertice G20 di Roma, di quasi un anno fa, era stato stabilito un nuovo traguardo da raggiungere entro il 2030: piantare mille miliardi di alberi per salvare il nostro pianeta.

Francesco Ferrini, docente universitario, scrittore e presidente del distretto vivaistico ornamentale di Pistoia ha pensato bene di porre  una serie di domande su questa interessante questione. Il suo discorso ha puntato a fare alcune precisazioni che ci mettono di fronte a problemi di non chiara soluzione.  Partendo dal presupposto che non è la stessa cosa  piantare numeri  ed alberi egli si chiede: “Quanti  alberi si dovranno piantare e chi lo deve decidere tenuto conto anche della superficie terrestre disponibile”?

Egli ritiene opportuno applicare la classica regola delle cinque W del mestiere del  giornalista: dove, quando, perché … a cui potremmo aggiungere How, ossia come, per ragionare su come incominciare a  risolvere il problema. “Come valutare anche gli indicatori di successo della piantagione? Per i forestali potrebbe essere ragionevole  il valore  del 20%, ma tale cifra in ambito urbano indica un mezzo fallimento. Attualmente non esiste la copertura arborea necessaria per abbattere la CO2 in nessuna città. Ci vorranno altri trent’anni per poter vedere qualche cambiamento, salvo che non mutiamo abitudini nel frattempo”. E poi quante piante per città? “Forse più che calcolare il numero degli abitanti, come è già stato pensato, bisognerebbe valutare le zone più inquinate che avranno differenti bisogni. Possediamo la quantità e la qualità delle piante arboree richieste in Italia e in Europa”? Sembra di no. Dovremmo importarle, ma, “attenzione che non portino con se malattie dannose anche per le piante esistenti. E i vivaisti sanno come e quando operare, sono stati interpellati?”

Tanti quesiti a cui egli non fornisce risposte perché non le conosce.  Aggiunge infine che anche  “i tempi per piantare i nuovi alberi si sono ristretti a causa della crescente siccità nei mesi invernali”. Sabrina Diamanti, presidente CONAF, Consiglio Ordine Nazionale Dottori Agronomi e Dottori Forestali che ha parlato a chiusura del seminario e alla luce della sua quasi decennale esperienza non solo nel CONAF, ha sottolineato la necessità di un maggiore ascolto da parte delle istituzioni delle parti coinvolte nella promozione del settore vivaistico, dell’agricoltura e della zootecnia. “Siamo un paese incapace di pianificare, di programmare in un settore primario che ha tempi lunghi. L’Italia ha tante micro realtà, molti paesaggi e un forte frazionamento delle proprietà. Bisogna ad esempio investire nella formazione, aggiornare i professionisti perché siano di supporto alle aziende”. In sintesi la  CULTURA DEL VERDE che è fondamentale deve essere  un valore compreso dal cittadino perché arrivi alla politica.

Nel convegno inaugurale si è discusso anche di innovazione tecnologica e con il  “Premio Flormart”  sono state in particolare stimate meritevoli tre aziende: la Società Agricola Romiti Vivai S.S. di Pietro & figli, di Pistoia per la gamma di Lagerstroemia a fioritura precoce e foglia scura, capace di fiorire sia nei Paesi del nord Europa come in quelli mediterranei; la Saviolife S.R.L. di Viadana per i substrati a base di legno certificati FSC, PEFC ed utilizzabili anche in produzioni biologiche; la R3Gis S.r.l. di Bolzano per GREEN CITY, un portale pubblico che informa i cittadini sul valore del verde urbano, frutto del lavoro di ricerca condotto con le Università di Firenze e Milano.

Patrizia Lazzarin, 22 settembre 2022

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I grandissimi Van Gogh, Monet e Degas a Padova

  • Pubblicato in Cultura

Piccoli scrigni e forzieri ricchi di gioie che emanano  luce e colore sono le opere che sono appese alle pareti  delle sale di Palazzo Zabarella  a  Padova, nella mostra VAN GOGH MONET DEGAS, visibili al pubblico dal 26 ottobre al primo marzo 2020, provenienti dalla Mellon Collection of French Art  del Virginia Museum of Art di Richmond, espressione del gusto raffinato dei coniugi  americani Paul e  Rachel Bunny Mellon, innamorati della natura e di una città che abbonda  di sfumature anche emozionali come è da sempre Parigi. Nella prima sala dell’esposizione i corpi in bronzo di due giovani ninfe scolpite, opera dello scultore francese Aristide Maillol, nella lucentezza della materia e nella proporzione morbida delle forme sono un annuncio alla bellezza che si respira attraversando gli spazi della rassegna che ospita, in esclusiva per l’Italia, oltre settanta capolavori di artisti eccellenti che hanno operato in un arco di secolo che comprende i primi decenni dell’Ottocento  per giungere agli anni Trenta del Novecento. Tante espressioni pittoriche che attraversano il Romanticismo per approdare alle sperimentazioni delle avanguardie che rovesceranno il nostro modo di guardare la realtà: Eugène Delacroix,  Thèodore Gèricault, Claude Monet, Edouard Manet, Edgard Degas, Henry Matisse, Pablo Picasso e molti altri artisti che hanno saputo rendere, usando le parole di George  Clemenceau, uno degli artefici del Trattato di Versailles e amico del pittore Monet, più penetrante la nostra percezione dell’universo. Il percorso espositivo che nasce grazie alla collaborazione fra la Fondazione Bano, che da alcuni anni mostra interesse ad episodi significativi del collezionismo  privato, poi confluiti in raccolte pubbliche di respiro internazionale, e il Virginia Museum of Fine Arts si articola in sezioni dove ogni quadro ci conduce ad un’altra visione, ci porta passo dopo passo dentro la gioia  del reale: sulle spiagge di sabbia battute dal vento  della pittrice francese  Berthe Morisot, lungo le vie di Parigi, in prossimità di  scorci e vie che si perdono in lontananza nelle tele di Maurice Utrillo e di Stanislas Lèpine: nel primo  nella vivacità del colore e nel taglio delle prospettive, nel secondo  nella lucentezza di pietre e acque che nella loro trasparenza, tinta di rosa, sembrano mostrare luoghi dove fermarsi per godere pace e  silenzio.  Il paesaggio e la natura   da sempre emblemi dei  nostri stati interiori, nelle marine di Eugène Boudin sembrano rivelare la loro forza e maestosità. Nella tela: Ingresso al porto di le Havre,  la nave,  al centro, si staglia nel biancore delle sue vele sulle onde increspate mentre  attorno tante imbarcazioni  nei loro colori  sembrano gareggiare con un cielo pieno di nubi, ma comunque luminoso. Mare e isole lontane, acque che recano il fascino dell’esotico nella tela Palme di cocco vicino al mare di Camille Pissarro  riflettono  l’amore dei due coniugi Mellon per i loro possedimenti in Antigua, nelle Piccole Antille. Un amore per la vita, per  la corsa, soprattutto per i cavalli  che della vita sembrano la proiezione veloce del divenire, nei dipinti o sculture in mostra, tra cui sono da segnalare i piccoli bronzi di Degas, espressione degli interessi specifici di Paul Mellon. I fiori, quasi colti dal campo, che con le loro tinte sembrano rifrangere la vivacità dei colori di un arcobaleno nato  sull’azzurro del cielo  dopo un violento temporale, rivelano gli interessi di Bunny innamorata dall’infanzia della botanica. Le margherite di Van Gogh, Il vaso di fiori di Odilon  Redon o il Bouquet di zinnie di Henry Fantin-Latour sono quadri di piccole dimensioni, come molte altre opere in mostra, ma quel piccolo spazio racchiude l’essenza di visioni che si traducono in poesia. I luoghi siano essi marine con poche o tante presenze umane, paesaggi estesi  o vedute ravvicinate concentrano il sentire del poeta-pittore e riflettono la capacità di sintetizzare in un tocco di pennello la bellezza anche delle cose semplici. La materia sia essa grani di sabbia o onda che si frange sulla battigia, brina che diventa ghiaccio come  Sul lago di Marly di Alfredo Sisley oppure  ancora colore che è  sostanza vivente, oggetto, animale  suona le corde della nostra anima come uno straordinario  arpista. Una musica sembra riempire le stanze della mostra con note melodiose.  La  bellezza dei  luoghi  e il loro  eco  sull’animo erano infatti anche  la gioia  dei coniugi Mellon e che ritroviamo nel gusto per gli interni delle  dimore curate e progettate  da Bunny. Paul e Bunny erano una coppia accogliente e riservata che annoverava fra le sue amicizie la regina d’Inghilterra, il principe del Galles e Jacqueline Kennedy. I due coniugi collezionarono molte opere d’arte soprattutto francese che rivelano la loro sensibilità e che sono parte di quelle esposte in mostra a Palazzo Zabarella. I  quadri  di loro proprietà furono poi donati a grandi musei come la National Gallery di Londra, lo Yale Centre for British Art di New Havene  e il Virginia Museum of Fine Arts di Richmond. Il presidente della Fondazione di Palazzo Zabarella, Federico Bano ha citato i molti sostenitori di questa prezioso progetto che accresce il ruolo della città di Padova quali sono BPER Banca, Porsche, Despar, Antenore Energia, Studio Casa e Studio Terrin. Una mostra che ha la direzione culturale di Fernando Mazzocca e la curatela di Colleen Yarger e ci trasporta nei luoghi della vita parigina ma anche nella campagna francese. Un viaggio nei luoghi a volte, in altre occasioni vicino ai volti e alle espressioni del cantore delle anime belle Pierre- Auguste Renoir, come nel Ritratto del figlio dell’artista, Jean, mentre disegna o nelle Giovani ragazze che guardano un album. Chiude la mostra La piccola ballerina di  quattordici anni di Degas, nella sua gonna di tulle trasparente, lungo un corpetto che nella gradazione dei toni dei nocciola giunge al volto brunito concentrato, gli occhi chiusi, assorto nell’attimo che precede il passo di danza. In essa si concentra la magia di un attimo di vita. Quella vita cosi bella di cui sembra brillare l’essenza nei chicchi d’uva di Henry Fantin Latour, anche nei grani  un po’ troppo maturi, più rossi e in alcuni parti tagliati  che come negli uomini  nel trascorrere del tempo  conservano comunque il colore  o meglio  la vivacità dell’esistere.

Patrizia Lazzarin, 25 ottobre 2019

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