Il vessillo di Marostica: la partita a scacchi vivente

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Con il sapore di un luogo simbolico e per l’esplosione dei colori di una piazza che si è riempita dei cuori appassionati della sua gente e di tante altre persone, anche moltissime provenienti da nazioni straniere, venute ad ammirare La partita a scacchi con personaggi viventi, si è caratterizzata così ieri sera la città di Marostica, questa singolare terra della Pedemontana che i rossi delle sue ciliegie assieme ai  bianchi dei loro fiori profumati che le precedono, hanno reso nel tempo, con i profili dei castelli medievali e delle sue mura un gioiello da apprezzare per  più “tesori”. Varcate le porte della città e saliti sugli spalti in attesa dell’inizio dello spettacolo, la grande  scacchiera  dentro la piazza con i suoi riquadri in marmo rosa e biancone di Asiago era illuminata e coperta in buona parte da un tappeto con l’effigie del leone di San Marco, emblema dell’antica Serenissima che qui aveva governato.  Spiccava alla base  lo sfondo azzurro del Castello Inferiore, edificato nel 300’ dagli Scaligeri di Verona, da cui a inizio della kermesse, tolto il manto con il Leone, piovvero i dardi fiammeggianti che accesero i bordi di basalto della scacchiera tracciandone per gli spettatori, in maniera efficace e significativa, i confini. Essa sarebbe diventata il luogo di  battaglia fra i due rivali innamorati della bella Elionora, la figlia del castellano: una  tenzone in uno spazio che si è tinto di atmosfere medievali, senza spargimenti di sangue. Non più combattimenti cruenti era stata la volontà espressa  dal castellano Taddeo Parisio. Seicentocinquanta figuranti vestiti in costumi d’epoca, scelti ogni due anni fra gli abitanti del Comune di Marostica, hanno saputo consegnarci il fervore di un tempo distante da noi più di cinquecento anni. Siamo nel 1454 e i due rivali: Vieri, della famiglia dei Vallonara, cavaliere dell’Ordine di Rodi, in corsetto verde e dall’altra gli Angarano con Rinaldo, detto Spadaforte, in sopravveste rossa, avanzano verso il centro. Dentro il loro torace respirano la fierezza e la giovinezza dei loro desideri. Per amore di pace, bene sempre prezioso, la contesa sarà decisa da una partita a scacchi nella piazza con pedoni, cavalieri, re e regine viventi. Dopo tanto tempo l’idea di una sfida scacchistica con pedine umane era venuta ad uno studente ventenne all’inizio del ‘900, in seguito al buon esito di una sfilata storica carnevalesca nella città. Anche  con il sostegno economico di alcuni imprenditori essa venne messa in scena con un successo memorabile nel 1923 e venne apprezzata dallo stesso Vate. D’annunzio volle in quell’occasione lanciare un messaggio d’augurio dal suo aereo. Per tre decenni non si fece più nulla. Nel 1954, il sindaco Marco Bonomo, fece sistemare la piazza danneggiata dagli eventi bellici, e da grande appassionato degli scacchi e in ricordo della prima manifestazione volle far realizzare la grande scacchiera che vediamo oggi. L’associazione Pro Marostica ricorse all’aiuto dell’elegante artista Mirko Vucetich che divenne il regista, lo scenografo e il costumista, fino a metà degli anni Settanta, di quella che è l’odierna Partita a scacchi  a personaggi viventi che, nel 2011 ha ottenuto il riconoscimento di “Patrimonio d’Italia” da parte del Ministero del Turismo Italiano. Quando passeggiamo nei borghi medievali italiani o del Nord Europa ritroviamo a volte, spesso in occasione di feste, quell’antico mercanteggiare tipico delle piazze e delle vie delle cittadine del primo Millennio. Tante bancarelle con merci svariate, un po’ inusitate, frutto delle mani dell’artigiano e della sua bottega. Alla stessa maniera, quando le vampe del fuoco lanciate dal castello si sono spente, poco prima dell’arrivo dei due giovani rivali in amore, la piazza ieri sera a Marostica  si è animata di una marea di rivenditori fra cui si affollavano borghigiani, nobildonne e gentiluomini. Fra loro camminavano giovani zingare e frati questuanti con i loro asinelli, e poi guitti e saltimbanchi per il divertimento di molti. Come in un viaggio nel tempo abbiamo visto muoversi schiere di personaggi. I primi sono stati i tamburini usciti in formazione a cui ha fatto eco  la voce dell’Araldo che ha annunciato  le regole del “combattimento”. E poi sono sfilati  i signori: la corte veneziana, quella del castellano, in un fastoso corteo, a cui hanno fatto  da controcanto  i passi  cadenzati della “zente” d’arme. Sono stati tanti e svariati gli armati che sono passati  in fila davanti alle nostre curiose pupille: gli arcieri, i balestrieri, i veterani, gli  alabardieri e i fanti schiavoni che hanno tutti intonato la “cantalonga”. A onorare il castellano Taddeo Parisio sono giunte anche le delegazioni delle città venete e  di Firenze.  Fatto significativo è stata l’apparizione dei rappresentanti delle tre Arti maggiori: l’arte della paglia, della ceramica e della ciliegia. Le esibizioni degli sbandieratori di Marostica e al termine  quelli di Figline Valdarno  hanno regalato  l’emozione del guizzo della bandiera che sembra sfidare il vento e il caso. Nel blu della notte e nella luce creata dall’uomo i vessilli sembravano raggiungere l’altezza del maniero sullo sfondo e, siglare, prima dell’incendio finale del castello, la fine della partita che non ha avuto perdenti. Il vincitore Vieri da Vallonara avrebbe spostato la bella Lionora e a Rinaldo l’affascinante Oldrada, sorella del castellano. La  spada del nobile signore sulle spalle  dei novelli sposi ha benedetto  le nozze. Lo spettacolo in prima visione ieri sera avrà luogo anche  stasera e   domenica pomeriggio e sera.

Patrizia Lazzarin, 10 settembre 2022

 

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