I miei stupidi intenti

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Il volto di profilo di una Faina, sulla copertina blu notte del libro di uno degli scrittori finalisti al Premio Campiello, dove  si nota anche  l’elegante contrasto fra il marrone ed il bianco del suo mantello, cattura l’attenzione  per la sua posizione eretta e statica, simile a quella di un faraone egiziano. La similitudine fra uomo ed animale ed il loro accostamento nel bene e nel male è uno dei principali filoni di lettura del romanzo I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni che, a soli 27 anni, e con questo primo libro, si classifica nella cinquina  di uno degli agoni letterari più noti  d’Italia. L’autore è stato anche vincitore del Premio Bagutta Opera Prima e finalista al Premio Salerno Libro d’Europa con lo stesso romanzo. La narrazione è avvincente e imprevedibile, regala emozioni forti quanto inaspettate. Ha già ricevuto molte recensioni positive e fra queste quella dello scrittore Marco Missiroli,  già premio Strega Giovani  e Campiello Opera Prima, e  che collabora con il Corriere della Sera. Dice  di lui: “esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per “I miei stupidi intenti ": leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia.” Viene da pensare che come le favole di Esopo, che hanno come protagonisti gli animali,  I miei stupidi intenti, edito da Sellerio, contenga delle verità morali, ma che al contrario di esse non si lascino facilmente districare o meglio permettano diverse interpretazioni. I fatti, spesso quando sono  cruenti, squarciano il velo di false menzogne e  la faina Archy, o anche la volpe Solomon, sembrano a volte, e con fatica, strappare il bozzolo che ancora li racchiude  per diventare uomini e come essi ragionare. Solomon è stato un terribile bandito ed Archy è, all’inizio, un giovane maschio di faina zoppo. Mille avventure dentro una natura che può essere ostile, ma anche occasione di fortuna. Animali che come gli uomini usano le stoviglie, ma conservano spesso, ma non tutti, senza differenze di specie, un forte istinto. Una molla che sembra con facilità eliminare l’avversario o catturare la preda necessaria per mangiare, come quando il cane randagio azzanna un pollo ed il gatto selvatico  afferra, per divorarla, una grossa cavalletta. Nasce naturalmente una riflessione sulla natura della ragione e dell’impulsività presenti nelle azioni di noi  umani. Ritorniamo con la memoria  a tutte le forme di cultura e di civiltà di cui siamo stati  artefici nel corso dei millenni  e le violenze che fanno accapponare la pelle di cui alcuni di noi si sono macchiati. Bene e male, verità e menzogna si rincorrono nella vita e nel libro. La cosa più straordinaria è che anche gli animali sembrano cercare e volere Dio, contorcendosi quasi fisicamente per comprenderne la Natura. Dentro e ai lati del bosco dove incontriamo famiglie di faine, tassi, ricci, cani e polli, lepri e molti altri, in ogni stagione primaverile la natura si rinnova e porta nuova speranza anche per essi. Sono in perenne lotta per la sopravvivenza e qualsiasi piccola invalidità li rende inadatti ad affrontare le difficoltà del vivere. Lacrime scorrono sui loro musi che sembrano così più simili a uomini sensibili che non hanno perso nella corsa quotidiana della vita il sapore inconfondibile dell’umanità che non uccide, ma ama, che aiuta dimenticando anche il proprio interesse. Miseria e  fame rendono tutti meno buoni nel bosco, fra le colline e nella campagna. Archy è orfano perché alla madre hanno ucciso il compagno e lei lo maledice perché l’ha lasciata sola ad allevare una “nidiata” di piccole faine. Nel libro troviamo anche l’amore, quello che  Solomon sembra voler scacciare via, e che Archy incontrerà con diverse fortune. Il romanzo tuttavia nonostante la violenza che possiamo  quasi “sperimentare” fra le pagine, tale è la capacità di coinvolgimento dell’autore che ci trascina con lui e i suoi personaggi nelle avventure, sembra porgerci su un piatto d’argento una grande verità dell’uomo, ma potremmo dire a questo punto delle riflessioni, anche degli animali: la bellezza della conoscenza che differenzia e trasforma chi la possiede.  E poi scopriamo la tenerezza, alcuni gesti rivelatori, gli odori dell’universo e di noi … che questo mondo popolato di animali racchiude. E i suoi stupidi intenti sono veramente tali?  Non satira politica come “La Fattoria degli animali” di George Orwell, il romanzo penetra nelle profonde radici della natura dei vizi e delle virtù. Quale sarà la condizione più desiderabile per vivere bene? Essere bestie o umani? Patrizia Lazzarin, 17 luglio 2022

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