Iva Lulashi, dentro un corpo che diventa denuncia

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La sensazione che si coglie incontrando la  pittura  di volti e di corpi della pittrice albanese Iva Lulashi, nota artista, nata a Tirana nel 1988, quindi a pochi anni dalla fine dalla dittatura di Enver Halil Hoxha nel paese affacciato sulla costa orientale del Mediterraneo, svela come squarci, nella nostra mente, ricordi di altre scene viste  al cinema. Le immagini che appaiono   davanti agli occhi si sono formate sicuramente dalla visione del film La ragazza d’autunno del regista russo Kantemir Balagov, ambientato  a Leningrado, poco dopo la fine del duro assedio nazista. Anche qui i protagonisti sono i corpi di giovani donne, Iya e Masha che recano sulla loro pelle le violenze psicologiche  della guerra.  Un altro totalitarismo  lascia  echi nel sentire pittorico di  Lulashi che inizia la sua ricerca artistica a partire da vecchie foto, documentari e film del tempo dei genitori,  non riproducendo in maniera narrativa quelle storie, ma recandone nei volti senza sguardi, o colti da dietro o quasi cancellati dal pennello, l’inquietudine e la solitudine di un tempo isolato. “Hoxha, marxista-leninista ortodosso fece costruire migliaia di bunker per paura di un’invasione da parte dell’Europa Occidentale, cancellò i diritti essenziali come la libertà di religione, di stampa e di associazione. Vietò per legge, pena l’ergastolo, di parlare e di vestire all’occidentale”, come ci racconta Rischa Paterlini nel catalogo edito la scorsa estate per la mostra che si è svolta nella frazione di Corniglia, in Liguria, nelle Cinque Terre. La rassegna dal titolo Libere e Desideranti  a cui ha collaborato anche la Galleria Prometeo Ida Pisani, che ho avuto modo di conoscere nel corso della 45a edizione di Arte Fiera a Bologna in quest’ultimo weekend, ha messo in luce  anche altre caratteristiche e toni del mondo pittorico della pittrice. Il suo sguardo non teme di svelare intimità femminili che una tradizione artistica secolare ci ha  mostrato diversamente o forse non ha catturato. Il modo di cogliere i corpi di donne e gli stessi titoli delle opere sono spesso intriganti, introducono significati che oscillano tra diverse interpretazioni. A volte vorremmo quasi entrare nel quadro per comprendere meglio cosa si cela o si nasconde dentro quelle apparenze come in Semestre d’estate, dove giovani donne vivono la loro nudità con naturalezza, sopra cataste di legna, quali potremmo incontrare durante una passeggiata in montagna, d’estate. Qualcosa di ancora più misterioso  sembra invece appartenere  ad altre opere  come in  Non inciampare, dove due giovani ragazze appaiono di notte, nella loro bellezza, sul bordo di una piscina all’interno di  un paesaggio che scompare per la profondità del buio. Onirica, quasi intenta a suggerire altri mondi mentali o reali diventa Iva Lulashi, nella tela Sia o non sia la più alta forma di pazzia del 2021 o Nel tuo Stile del 2018 dove qui, lunghe gambe di donna che si alzano su alti tacchi,  terminano all’apparenza in piccoli cespugli di siepe. A volti protagonisti sono momenti d’amore, omosessuali o eterosessuali,  più o meno teneri, eloquenti, o sfacciati o addirittura  intriganti. Sono i corpi di giovani fanciulle nudi sull’erba, dallo sguardo incerto, ma può anche essere  il corpo vestito  di una giovane, quasi bambina,  rannicchiata le cui sembianze ci ricordano le donne dei pittori Preraffaelliti di metà Ottocento. Evanescenza e mistero, coraggio di una nudità femminile senza pudori, ma anche durezza di corpi che ammiriamo nella lucentezza del loro  colore e nella morbidezza delle loro linee sono le cifre stilistiche della pittrice albanese che negli ultimi anni ha ricevuto numerosi apprezzamenti che le  hanno permesso di  realizzare il suo sogno di vivere grazie alla pittura. Patrizia Lazzarin, 17 maggio 2022

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