Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone

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Un’immagine di Napoleone ieratica e luminosa, simbolo  di un sogno di grandezza,  campeggia sullo stendardo  attaccato all’ingresso di Palazzo Reale a Milano. La rassegna che si è aperta al pubblico in questi giorni e che s’intitola: Ingres e la vita artistica al tempo di Napoleone ha il significato di un racconto per immagini  della storia culturale e politica  francese e milanese. L’arco temporale preso in esame  nell’esposizione  va dal 1780 al 1820: un periodo cruciale per l’intera Europa che vede il susseguirsi di numerose vicende a cominciare  dalla Rivoluzione Francese  fino all’incoronazione di Napoleone imperatore per concludersi con il  ritorno delle antiche dinastie regnanti. L’avventura napoleonica ebbe  un impatto significativo anche in Italia. Milano sarà la seconda capitale della cultura  in Europa dopo Parigi.  La mostra è intellettualmente curiosa perché ci rivela aspetti poco noti o addirittura sconosciuti di alcuni grandi artisti  e perché ci offre  la possibilità di ammirare  opere che    rivoluzionano la nostra concezione  del neoclassicismo. Jean- Auguste-Dominique Ingres considerato  come un esempio di questa corrente artistica, giudicata spesso algida e marmorea,  stupisce per la varietà di espressioni artistiche  che si possono avvicinare al clima culturale dell’epoca,  estremamente ricco di fermenti. Il pittore nato il 29 agosto del 1780  nella città francese di Montauban, visse a lungo in Italia e fu direttore di Villa Medici a Firenze. Innamorato della pittura italiana del Quattrocento e del Cinquecento ed in primis di Raffaello ha ricercato negli antichi una lezione di verità e di audacia: hanno spiegato  la direttrice del Musèe Ingres di Montauban, Florence Viguier-Dutheil e lo storico dell’arte Stèphane Guègan. Il neoclassicismo  si ricollega al passato non nella riproposizione di stanchi modelli ma nel recupero dello slancio vitale che quelle figure di eroi e di atleti concentravano in se   e  nella   morbidezza naturale dei loro corpi. Il segreto di una verità e di una forza espressiva e psicologica di cui l’Ottocento ai suoi esordi avrebbe perso il senso: hanno aggiunto i due studiosi francesi.Le altre opere esposte in mostra di altri due rappresentanti  singolari del neoclassicismo Antonio Canova e Jacques-Louis David accanto ad altre di  Anne-Louis Girodet o Antoine-Jean Gros chiariscono che  le etichette come quella del neoclassicismo,  spesso assegnate a periodi storici o a pittori, possono risultare  inadeguate e ostacolino la comprensione della  varietà e  della profondità del reale. Appare intrigante il fatto che Picasso, il grande rivoluzionario del XX secolo sia stato intimo fino alla devozione di colui che è stato a mio parere impropriamente considerato il principe dell’accademismo e della conservazione. Ingres ha influenzato Picasso, Degas, Renoir,Cezanne e  Manet che nell’Olympia rielabora la bellezza femminile del pittore francese, ha spiegato il direttore di Palazzo Reale,  Domenico Piraina. Si intuisce  una lezione di modernità che attraversa secoli ed epoche storiche. Abituati a pensare ad Ingres come al pittore   del Bagno turco e delle Odalische rimaniamo affascinati, piacevolmente, alla vista dell’opera: Il sogno di Ossian che riprende un tema dei poemi cavallereschi e guerrieri dei canti nordici   che allora appassionavano,  e che lo stesso Napoleone promuoveva nell’arte. Napoleone era stato attento e aveva creato le occasioni per ottenere attraverso le immagini il riconoscimento del prestigio acquisito con le battaglie sul campo  e un’accorta diplomazia. Nel sogno di Ossian siamo vicini alla sensibilità preromantica, mentre nei ritratti d’Ingres come nel Ragazzo con l’orecchino, di  cui è chiaramente palese l’aria monellesca, si rivela la capacità d’intuizione psicologica. La presenza in mostra del quadro La grande Odalisca, in versione grisaille, mostra un pittore attento alla piacevolezza della linea che disegna armonie come i suoni  di un violino, strumento che il pittore aveva imparato a suonare, ma al tempo stesso quasi il disinteresse per la precisione anatomica come la presenza di tre  vertebre in più nella schiena di quella dolce e avvenente donna che si gira per guardarci. Nelle prime sale della mostra è un fatto straordinario poter  ammirare numerose opere di pittrici.  Incontriamo nomi più noti come Elizabeth Vigèe Le Brun, la  pittrice di corte di  Maria Antonietta che in seguito alla Rivoluzione francese viaggiò  nelle grandi  corti d’Europa  e dipinse molte teste coronate.Possiamo vedere  il suggestivo  grande quadro la Malinconia di  Constance Maria Chapentier, allieva di Jacques David, artista storico per eccellenza,   e il dipinto,copia dell’autoritratto d‘Ingres, eseguito dalla sua fidanzata Iulie Forestier. Brilla per la lucentezza dei suoi colori  l’autoritratto di Marie- Guillemine Benoist, alunna di Elizabeth Vigèe Le Brun, che è stata anche  una delle prime artiste ad aprire una scuola di pittura. Marie-Guillemine, famosa per avere eseguito  nel 1800 il dipinto di Donna negra,  riceverà, fatto straordinario per una donna,  uno stipendio dal governo francese e sarà chiamata a ritrarre  Napoleone e  la sua famiglia. Spicca  in mostra  il contrasto fra un giovane generale ritratto da  Jean –Baptiste Greuze  con abiti da Primo Console e il grande Napoleone, opera di Ingres con i simboli nuovi e antichi del potere, dove la qualità dei tessuti e dei materiali con  cui sono dipinti gli oggetti, nella loro eleganza e preziosità richiamano  il gusto della pittura fiamminga. Le incisioni con "I Fasti di Napoleone" di Andrea Appiani rappresentano un'importante documentazione iconografica del ciclo già collocato nella Sala delle Cariatidi del Palazzo Reale di Milano, distrutto nel 1943 durante i bombardamenti. Si trattava di un fregio costituito da trentanove dipinti a tempera su tela a monocromo ad imitazione del bassorilievo antico. L'intero ciclo narrava, attraverso ventuno episodi, le gesta eroiche condotte da Napoleone in pace e in guerra nel periodo compreso tra la prima campagna d'Italia (1796) e la vittoria di Friedland (1807). Il mecenatismo non era solo del sovrano e dell’aristocrazia: una sala è stata dedicata a Gian Battista Sommariva, una persona semplice che prima di laurearsi in diritto era stato barbiere  e che cresciuto economicamente era diventato un grande patrocinatore e collezionista  di grandi artisti  come  Canova, David, Proud’hon, Appiani, Girodet. Il  busto di Napoleone  di Antonio Canova accanto a quello  con l’imperatore degli scultori Francesco Massimilano Labourer e Gaetano Monti   illuminano con il biancore dei loro marmi l’incisività dell’espressione di un uomo  mentre il fondale nero ne aumenta il  fascino. Si trovano così vicini, anche se in due stanze diverse Gian Battista  Sommariva  e Napoleone: due diversi promotori dei fatti artistici degli anni a cavallo tra la fine del Settecento e i primi decenni del nuovo secolo. Un rilievo importante è stato dato in mostra all’apparato dei disegni di Ingres che grazie anche al progetto di allestimento di Corrado Anselmi trovano una giusta valorizzazione e naturalezza di inserimento nel contesto della rassegna facendone apprezzare il significato soprattutto in relazione  al valore attribuito al disegno dal maestro francese. Il pittore sosteneva: Raffaello e Leonardo da Vinci possono provare che il sentimento e la precisione (disegno) possono allearsi. La mostra comprende oltre 150 opere, di cui 60 dipinti e disegni di Ingres. La sindaca   di Moutauban,  Brigitte Barèges, ha raccontato: l’artista lasciò in eredità alla sua città natale Montauban, 4500 disegni oltre a numerosi tesori facenti parte della sua collezione personale. La chiusura del museo Ingres per lavori di restauro fino a dicembre 2019 è  anche un’occasione per  far conoscere a Milano,  Montauban e  il suo artista più significativo. In Cina la mostra ha avuto 400.000 visitatori. Un altro grande maestro dell’arte  ha trovato quindi una sede appropriata di visione nella storiche sale di Palazzo Reale con la cura di Civita Mostre e Musei. Il catalogo curato dagli storici dell’arte francesi  Florence Viguier-Dutheil e lo  Stèphane Guègan  è  pubblicato da Marsilio Editori. Nella sezione finale della  mostra troviamo La morte di Leonardo da Vinci di questo eclettico pittore francese, opera che chiude così con un omaggio al genio leonardesco, di cui quest’anno ricorrono i cinquecento anni dalla morte, un’esposizione che si arricchisce dei prestiti di istituzioni museali statunitensi, francesi, inglesi e italiane.                                                                                                          

Patrizia Lazzarin, 12 marzo 2019

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