Due capolavori ci osservano

Due capolavori ci osservano

Esse sono due Madonne del Quattrocento  che ci parlano attraverso i loro gesti  e le  loro mani dalla forma morbida ed elegante. Le dita appaiono nel dipinto più “antico” come piani levigati che ci suggeriscono uno sfiorarsi quasi angelico, nell’altro concentrano, come un elisir in un calice di vetro, una  forza che stringe a se l’amato di cui ci preoccupa il destino. In questa occasione si pongono a confronto la Madonna con il bambino benedicente e cherubini di Jacopo Bellini delle Gallerie dell’Accademia di Venezia con la Madonna Trivulzio, opera del figlio  Giovanni, che appartiene alla Pinacoteca del Castello Sforzesco di Milano, riunite ora, dopo il recente restauro della prima, all’interno del museo veneziano. I luoghi descritti nei due dipinti non sono gli stessi  e così la percezione dello spazio e del tempo che le figure sacre sono invitate ad abitare. Le fisionomie del mondo celeste  cedono lentamente il passo ad una realtà umana. La folla di cherubini che attorniano la Madre e il bambino, nel dipinto di Jacopo, spariscono dal fondale dell’altro che si tinge  così del colore del giorno di cui si attende presto il sorgere. Quelli che noi potremmo osservare dal cinque  novembre alle Gallerie dell’Accademia di Venezia, l’uno posto accanto all’altro, sono due episodi di una narrazione che è testimone di  un diverso sentire dell’uomo e degli artisti che, con animo sensibile, hanno saputo cogliere e rappresentare il mutare lento della concezione del sacro nel tempo in cui sono vissuti. Il divino non è più così distante, racchiuso dentro una teca preziosa, come descrivono la carpenteria della cornice ricamata nei trafori e le spennellature d’oro sulle vesti assieme alle linee dei profili degli angeli nell’opera di Jacopo. La beatitudine e la serenità di un bimbo che ci mostra il suo piccolo dito benedicente non sembrano più esistere nei movimenti delle mani del piccolo Gesù nel dipinto di Giovanni. Esse manipolano con determinazione un frutto di cui le forme i colori sembrano quasi scomparire nello sforzo. La mano della Madonna è un guizzo nella sua presa, intenta a racchiudere e ad avvolgere il piccolo e timorosa di quello che accadrà. Il suo volto e, in particolare la tonalità dell’incarnato, si colorano di un rosa che tende al rosso e la caratterizzano come una giovane madre, diversamente dalla gravità che riconosciamo nell’altra Madonna, simile già ad una santa. La sua  veste  assomiglia  a quella di una nobile signora rinascimentale. Indossa un abito elegante con belle rifiniture che, laddove si piegano e si increspano, misurano sia il suo corpo sia consentono a noi la percezione di uno spazio abitabile. Un ultimo sguardo cade sui piedi dei  bimbi posati l’uno sul legno, l’altro sul marmo. Cadenzano il divenire dei luoghi e del tempo e restituiscono i ritmi  dello spazio intimo e di quello pubblico, del momento domestico e della solennità. Potremmo ora essere, nell’uno, dentro una chiesa gotica dove un frate ha poggiato distrattamente un messale sul bancone di legno, o diversamente nell’altro, vediamo apparire una balaustra marmorea di un tempio del Rinascimento, periodo storico che nell’antichità greco- romana ha trovato nuova fonte di ispirazione nel costruire i propri edifici. I due dipinti distano poco nel tempo di realizzazione: quello di Jacopo risale al 1455 circa, l‘altro cinque anni dopo. Il restauro della prima opera le ha restituito la straordinaria lucentezza dei suoi azzurri, sia dove ci sono  pigmenti di azzurrite come nei cherubini, sia nel probabile blu oltremare nel manto della Vergine. Un differente scintillio è stato ricreato nei rossi dipinti a vermiglione e lacca con le lumeggiature in oro a conchiglia. In generale si può affermare che, grazie ad esso,  si sono comprese meglio le tecniche usate nella realizzazione. I dipinti  saranno visibili nella sala III del primo piano fino al 12 marzo 2023, accanto ad altri eseguiti dai Bellini: la più importante “bottega” di stampo familiare, presente nella Venezia del Quattrocento, in un arco di tempo che va dagli anni quaranta agli anni sessanta. Le parole del direttore dell’Accademia di Venezia, Giulio Manieri Elia, danno spessore a questo evento: «Attraverso due capolavori assoluti si genera un intenso dialogo artistico tra grandi maestri; le due Madonne con il Bambino a confronto esemplificano un passaggio cruciale nella Storia dell'Arte occidentale vissuto da un padre e un figlio, due generazioni, due tradizioni artistiche. Il padre ancora sostanzialmente legato alla sua formazione tardogotica e il figlio lanciato verso un Rinascimento emergente. Un'occasione imperdibile, dunque, anche per ritrovare la tavola di Jacopo in un tripudio di colore e oro, reintegrati con il restauro appena concluso. Con questa iniziativa si riprendono la  collaborazione con i musei e le istituzioni nazionali e internazionali con l’obiettivo di intensificare legami e relazioni con tali realtà, ma anche proporre significativi confronti e dialoghi artistici fra i capolavori appartenenti alle rispettive collezioni.

Patrizia Lazzarin, 29 ottobre 2022

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