Insegnare logora? Forse no!

Insegnare logora? Forse no!

Consapevolezza professionale, con progettazione e competenze trasversali. Si parla (anzi si straparla …) oggi di competenze, un po’ in tutti gli ambiti. In particolare nella scuola, benché persistano i voti-reinseriti recentemente anche nella scuola media- le interrogazioni programmate, la media dei voti, le assenze strategiche … Ma che vuol dire competenza? Ricordiamolo: “un insieme strutturato di conoscenze, capacità e atteggiamenti”. Un po’ difficile da coniugare con il modello tradizionale di scuola, che ancora impera in tante, troppe aule. Per questo, è degno di attenzione il tema di un convegno che si è tenuto a Torino a maggio, ad opera del Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti), una storica associazione di docenti: il Cidi, appunto. Dedicato soprattutto a insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria, il convegno è stato il punto di arrivo di un percorso di tanti docenti impegnati a riflettere sulle Indicazioni Nazionali, che oggi dovrebbero guidare la didattica dei docenti, al posto dei vecchi programmi ministeriali più rigidi e prescrittivi. Di questi lavori si è parlato, e soprattutto sono stati condivisi i risultati, nei laboratori pomeridiani, durante i quali è stato possibile anche provare a lavorare su problemi e materiali nell’ottica di un insegnamento competente.

Se si parla di “soggetto competente” il nostro pensiero va subito allo studente, a come dovrebbe essere, senza soffermarsi invece su un’altra prospettiva: l’insegnante competente. Perché per uno studente motivato, in linea con le competenze europee, è necessario un docente “competente”, con una metodologia composita: didattica (saper progettare, osservare, documentare, aiutare, fare domande opportune, gestire l’errore), comunicativa e collaborativa, che consiste nel saper ascoltare, costruire un percorso, dare un feed-back costruttivo; gestionale (saper gestire gruppi, tempi spazi, risorse, ma anche ostacoli), riflessiva, di ricerca. Come dire, il portfolio delle competenze di un insegnante …

Come intervenire per una scuola veramente attenta al discente? Con la progettazione didattica, innanzitutto, che una volta era vista come un’arte o una dote naturale, mentre oggi, in un mondo complesso e pieno di cambiamenti continui, deve divenire una metodologia di “previsione” e di ricerca, e soprattutto modificabile in corso d’opera. Non è proprio quello che succede ordinariamente, come sembra emergere da un’indagine sul rapporto fra programmazione annuale e attività didattica in classe, con una grande separazione fra l’una e l’altra, con lezioni pensate di volta in volta senza una organizzazione dei concetti in maniera gerarchica e una loro organizzazione in una rete di relazioni.

Con apprendimento non si intendono soltanto i progressi che l’allievo compie nella singola disciplina, quanto invece le attitudini, gli abiti mentali, gli interessi che si sono venuti formando in lui. In tale direzione si muovono, appunto, le Indicazioni Nazionali, che intendono il curricolo come l’insieme di conoscenze e abilità disciplinari (curricolo attivo) ma anche di pratiche educative (curricolo implicito). Perciò, per la formazione del soggetto competente si dovrà attivare un curricolo unitario verticale, frutto dell’accordo fra insegnanti delle varie discipline su una metodologia per l’apprendimento attivo e per le competenze di cittadinanza, grazie ad un lavoro comune sulle competenze trasversali. Obiettivo ultimo è, pertanto, non quello di dare singole tecniche e competenze, ma quello di formare ogni persona sul piano cognitivo e culturale attraverso l’azione didattica.

Quanto alla valutazione si può ricordare con Mario Comoglio che la valutazione è la verifica del progetto dell’insegnante!

Che cosa è, quindi, valutabile e progettabile? Non gli apprendimenti che ci saranno realmente. Si possono solo stabilire gli obiettivi, preparando dei contesti nei quali verificare successivamente gli esiti dell’azione educativa: strategie, atteggiamenti, modalità di interazione in classe, ecc., modificabili in itinere, tradotti poi in modalità operative (il “fare” degli allievi), ripetibili e realizzabili in contesti diversi.

In conclusione, è oggi necessario introdurre nelle nostre aule un apprendimento attivo, che si basa su un presupposto: si impara facendo. L’alunno deve essere coinvolto in modo attivo in situazioni problematiche, in compiti di realtà, a partire dalla propria esperienza; lavorare in collaborazione con i compagni; riflettere sui processi (metacognizione) con un conseguente rinforzo cognitivo fino ad autovalutarsi.

Possiamo dire, per concludere, un mestiere difficile, “usurante” quello dell’insegnante, che deve prendere decisioni all’impronta, deve continuamente riflettere sul proprio lavoro (possibilmente con il gruppo “amico-critico”, deve saper cambiare prospettiva per un suo sviluppo professionale tra consapevolezza e competenze.

Clara Manca – Cidi – Torino – 23 luglio 2016

Newsletter

. . . .